Contro il feticismo fenomenico

di Vincenzo Gagliano, ex segretario regionale del PRC della Campania

L’influenza del processo di alienazione sulle capacità d’astrazione, fondamento d’ogni disciplina di analisi intellettuale del reale, non è rigorosamente valutata al fine di depurare la deviazione dell’orientamento interpretativo chiaramente manifestatasi nella decadenza della produzione teorica, nelle sedi della formazione colta. I fenomeni descritti dalla realtà economico produttiva del capitalismo, così come ridefinita nei modi e nei contenuti dal permanente processo ristrutturativo, hanno indotto, proprio attraverso la mediazione dell’inconscio alienato divenuto elemento della struttura, una ridotazione dell’apparato percettivo sociale eculturale. Dacché il percorso evolutivo descritto dalla storia delle teorie (economiche, storiche, filosofiche ecc.) ha conosciuto una drastica rottura, prevale un immaginario indotto patrimonio mediativo che rimastica il passato ed il presente del pensiero umano nel quadro delle afflizioni di un unico omogeneo pensiero. Non ci si può fidare delle produzioni intellettuali che indipendentemente dalle posizioni politiche di fatto danno vita ad una indistinta materia uniforme.

La teoria fondata da Carlo Marx, nel riproporre gli elementi cognitivi e interpretativi, definiti in un attuale percorso scientifico ed epistemologico, deve introdurre una tale correzione, fornendo al contempo tutti gli aggiornamenti su una delle sue più fruttuose intuizioni, mai troppo condotta all’approfondimento. La lezione di Lukas, in particolare espressa nell’opera "Ontologia dell’essere sociale" rimane inaccolta.

La rivisitazione storica, non importa con quale tensione finalistica, non può essere disgiunta, pertanto, da una elaborazione, che abbia a proprio cominciamento la descrizione e le rispettive interferenze dell’apparato strutturale e sovrastrutturale, defoliando l’intricata selva del feticismo fenomenico, che ha capovolto il rapporto causa effetto negli accadimenti e nei periodi storici. Risulta così sovraccarico ed impreciso, ad esempio, il dibattito sul periodo storico dominato dalla figura del compagno Stalin, sommerso da ogni parte con un enorme indistinto cumulo di fatti. La rilevanza delle questioni sollevate in un tale evento meritano di andare oltre la cronaca, ricorrendo alla formulazione dei sistemi produttivi e di quelli territoriali statali così come poi assestati e rappresentati sul piano legislativo politico.

Così pure, la comprensione e la programmazione della politica richiedono strumenti di analisi e metodo di composizione dei progetti e obiettivi che recuperino la dimensione del programma massimo, ripartendo da una rimotivata critica strutturale all’attuale stato di cose. Non si può stancamente seguire il solco aperto dai movimenti antiglobal, sulla base di un’istintiva esigenza di opporsi, senza portare l’autonoma originale capacità dei comunisti di indicare il tracciato teorico e storico per condurre alla rovina l’attuale rapporto di proprietà. Una tale domanda non si attiva dentro il percorso politico di Rifondazione comunista, tutto dominato dalla precaria attestazione quantitativa in una nicchia politico elettorale. Il segno di una tale revisione teorica viene proprio dall’assurda tensione antistalinista fuori tempo e portata, sul piano storico e dell’indagine. La produzione di beni e servizi è sostenuta ed avvolta dalla rete della relazionalità totale, che vissuta, conflittualmente o meno, come generica comprensione del globalismo viene declassificata a fenomeno compiuto nelle dimensioni della proprietà e nei circuiti della distribuzione senza confini. In tal modo, anche la tensione di più forte contenuto alternativo, che pur segnala la necessità d’un combattimento, non riesce a disvelare il carattere della ricchezza, i rapporti proprietari.

Riesce utile qui, invece, indicare, come nel corso degli anni che vanno dalla seconda decade sino alla metà dello scorso secolo, la programmata iniziativa della Russia sovietica abbia prodotto una tale capacità disvelante. L’acquisizione della dimensione economica delle funzioni territoriali nel processo di produzione, determinata dalla pianificazione sovietica negli anni trenta e quaranta del novecento, ha consegnato al contenuto della proprietà collettiva un valore diametralmente opposto alle tendenze del capitalismo. Il carattere di una tale competizione ha diffuso grandi attese e partecipazione di massa, ha aperto prospettive di liberazione dell’uomo, ha formato gli obiettivi e i risultati del movimento operaio e della storia istituzionale e sociale del novecento.

Si può anche ordinare sul piano della storia, porre in relazione le vicende degli stati posti sulla via della seconda guerra mondiale, analizzare le motivazioni decisive nell’origine dei fascismi ricorrendo allo snodo essenziale del formarsi nel cuore del mondo moderno e civile della più grande sfida della storia umana. Le forze imperiali del capitalismo hanno condotto l’esperienza dello stato borghese sino sull’orlo del precipizio, arginato nell’inverno russo, perché hanno letto con terrore il valore strutturalmente eversivo delle scelte compiute dal gruppo dirigente sovietico in ordine al ciclo dell’economia, come luogo altamente relazionato delle condizioni materiali sociali e culturali. Lo sforzo compiuto, con il coinvolgimento delle condizioni di vita di milioni di persone e tra mille inenarrabili sacrifici e sofferenze, aveva al suo centro la negazione della finalità accumulativa per l’avvio e la riproduzione, che la storia dei rapporti proprietari capitalisti aveva posto a fondamento "naturalistico" degli eventi umani; le forze produttive, assunte come un insieme non contrattualmente acquisito, ma originato nell’immaginazione del piano hanno dato dimensione reale umana, ancorché provata nelle tensioni, alle professioni, restituite al valore d’uso. Gli strumenti venivano ricondotti alla necessaria dotazione della perizia (il mito di Stakanov), era spezzata irrimediabilmente la composizione organica. Se ci sarà consentita ancora ospitalità su tali temi, si potrà percorrere, guidati da un tale filo di ragionamento, l’intera storia dell’industrializzazione sovietica, della pianificazione agricola e dell’assetto dei grandi servizi.

Verificare la rispondenza dell’indagine, sin qui solo tracciata, rende servizio alle insufficienze della ricerca e della proposta dei comunisti della storia d’oggi, tutta catturata dal fascino dei fenomeni. La condizione alienata - nella fase che abbiamo definito della "relazionalità totale", come l‘insieme delle tecniche e delle culture che celano anche alla vista della filosofia della critica, l’assunzione della guida del processo produttivo, della riproduzione sociale, da parte del complesso stato impresa -, è fondata su un nuovo e più intenso livello delle espropriazioni intervenute nella condizione dei salariati. L’ingresso della dotazione della risorsa territorio, di quella intellettuale, nel patrimonio finanziario e tecnico dell’impresa ha reso necessaria una più spinta funzione dell’apparato statale e una integrazione funzionale nelle decisioni di conduzione dell’impresa. I fenomeni, che sembrano indicare uno spossessamento delle funzioni pubbliche e costituzionali degli stati, segnalano invece un riordino delle finalità e un nuovo assestamento istituzionale, una riscrittura dei poteri. Lo stato è più forte, l’impresa ha più profonde radici, l’estensione è una condizione secondaria. L’integrazione spinta tra tecniche delle reti consente un netto abbattimento delle quote partecipative per il possesso delle sedi di controllo nell’economia e nella società; ma consente, altresì, di affermare nello stesso tempo la frantumazione e la più alta combinazione delle sedi e delle funzioni della produzione, della ricerca, della distribuzione. Non v’è più bisogno, in tal modo, dei cosiddetti "modelli di sviluppo", così cari all’animo gentile del riformismo europeo. La povertà dei braccianti dell’America centro meridionale, le attività produttive schiavistiche svolte nelle baracche dell’estremo Oriente e quelle dei cantinati napoletani sono connesse e tenute in tempo reale con le superiori aree di direzione dei processi. Le quote di vita e di decisione collettiva recluse in un simile itinerario fondano il carattere della proprietà privata su una immensa espropriazione, consegnando alle catene del salario, con l’insopportabile ampliamento delle condizioni di precarietà, ogni tipo di subordinazione nel processo produttivo generale.

La base di massa della rivoluzione si è enormemente estesa. Avviciniamoci a leggerne le premesse, ad organizzarne l’ideologia.

Vincenzo Gagliano

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