Diritti umani a Cuba?

Diritti umani a Cuba? Ma come, non c'è che un partito, non c'è che una stampa, non c'è che un lider maximo, non c'è che un socialismo e non è quello di Blair.

Almeno in Jugoslavia, tanto malfamata da meritare di essere incenerita, c'erano almeno venti partiti, tutti, tranne due, belli liberisti e filo-americani; c'erano 90 giornali o televisioni su cento che bastonavano il "regime" con lezioni di globalizzazione; c'erano organizzazioni giovanili amate dalla "sinistra sociale" europea e addestrate e finanziate dalla CIA.

Se era una dittatura socialista quella, figuriamoci Cuba! Eppoi, basta allungare un po' il collo dall'Avana o da Santiago de Cuba per vedere il rigoglio di diritti umani che gli innaffiatoi USA fanno fiorire tutt'imorno: nell'Haiti di Aristide-Duvalier, nella Puerto Rico dove si brinda coi botti del poligono yankee di Vieques, nel Messico-Guatemala-Honduras-Salvador-Nicaragua-Colombia del libero scambio vita-droga e banane-miseria. E lì accanto, in Florida, possibile che i cubani non abbiano apprezzato quella dimostrazione di democrazia che ha fatto ricontare i voti ai giudici democratici e riannullarli a quelli repubblicani, fino a quando non è emerso un presidente votato dalla minoranza, ma da una minoranza più intelligente della maggioranza? Perché non fare così anche a Cuba e far eleggere un presidente dalla minoranza intelligente di quelli che vorrebbero fare come Eltsin in Russia, o Pinochet in Cile? Un ubriacone del rum, paragonabile all'ubriacone della vodka, a Cuba lo trovi sempre.

Personalmente a Cuba ne ho visto parecchi di abusi dei diritti umani. Il generale Pancho, amico del Che e uno della mezza dozzina di "Eroi della rivoluzione", non ha contribuito alla gloria del suo paese diventando, come usa in Israele, premier o ministro. E' invece tornato sulla Sierra Maestra, in mezzo alla giungla delle sue battaglie; ci ha costruito una fattoria a energia solare e ci ha fatto una coltivazione biologica di caffè. Allo scopo ha sfruttato a sangue, per quattro ore al giorno, una brigata di coscritti, che invece avrebbero preferito fare i marines, seminare uranio e frequentare i bordelli di Pristina. E quel medicuzzo che, insieme all'infermiera, anzichè farsi la clinica di lusso per abbeverare di acque termali turisti nefritici, ha costruito, a venti chilometri di petraia dal villaggio più vicino, un centro medico, pure alimentato, con grave danno al'economia fossile mondiale, da energia solare e dove, per carenza di malattie da consumismo, pratica più prevenzione che terapia? Ho trovato anche ventimila ragazzini dai sei ai 18 anni che, strappati dalle famiglie in montagna, dove ritornano appena una volta ogni settimana, dalle parti di Bayamo frequentano, senza neanche che i genitori si debbano assumere l'onorato impegno della spesa, tutti gli ordini di scuola e, oltreché di computer, vanno a sapere di cose estranee e lontane come il sostegno, un tempo, ohibò, anche armato, a popoli disobbedienti all'impero dei diritti umani.

Quale repressione dei diritti umani, politici stavolta, nella tribuna abierta di El Salvador, dove non si confrontavano e sputacchiavano notabili di cento partiti, tutti uguali salvo che nella nomenclatura botanica, bensì l'assemblea dell'intera popolazione, da un lato, e gli amministratori del Poder Popular, dall'altro. E questi ultimi dovevano subire altro che scorte ed auto blu e Bruni Vespe, ma "la strada promessa non me l'hai fatta", "l'impianto eolico per il mio terreno non è finito", "l'autobus ha saltato almeno sei corse", "la fabbrica di scarpe funziona sempre con un turno solo e voialtri a rifilarci sempre la storia del bloqueo", "quest'anno la festa dell'assalto al Moncada è stata organizzata malissimo", "la scelta dei candidati non ha tenuto conto del mio quartiere" e via fustigando, senza neanche l'avallo di un partito tipo DOS jugoslava, democraticamente sostenuto dagli americani.

Ma quali diritti umani! Anzichè grandiosi impianti idroelettrici da irrigazione, questo governo ti rifila congegni solari, eolici e a caduta, che ti procurano acqua senza procurare utili alla macroeconomia. A 90 miglia c'è la grande patria della democrazia che si sta attrezzando con uno scudo stellare per mettere al sicuro anche i validi economisti espatriati cubani che hanno scelto i diritti umani, ma che i malevoli chiamano "mafia di Miami", da incursori iracheni, libici, nordcoreani, pigmei, lapponi.

Senti Cuba, con quei tuoi quattro miserandi prigionieri politici: fai come gli USA che hanno per industria principale quella delle armi e come seconda, per rapidità di sviluppo, quella delle carceri, ovviamente private e in cui stanno rinchiuse due milioni dì persone, perlopiù nere o brune. Sarai anche tu patria dei diritti umani e potrai brindare con tutti noi. A Coca Cola.

Fulvio Grimaldi

Ritorna alla prima pagina