Le guerre parallele della NATO

di Diana Johnstone

La NATO sta facendo due guerre parallele in Yugoslavia. Una è la guerra contro il Kosovo, e il caos che ha finora creato serve da giustificazione per l'altra guerra parallela, la guerra contro la Serbia. Il conflitto fra Serbi e Albanesi in Kosovo non è di quelli semplici da capire. Non si tratta del fatto che "i Serbi maltrattano gli Albanesi". Nel 1980, come riporta il New York Times, la maggioranza albanese in Kosovo rendeva difficile la vita ai Serbi per costringerli ad andare via e creare così un Kosovo "etnicamente puro" che alla fine si sarebbe potuto unire con la vicina Albania. ( Cfr. " In Yugoslavia, Rising Ethnic Strife Brings Fears of Worse Civil Conflict", di David Binder, The New York Times , 1 nov.1987). Questa è stata una delle ragioni per cui il Parlamento Serbo ha ridotto ( ma non "abolito") la grande autonomia che era stata garantita alla provincia nel 1974 ; la politica di Tito, a quell'epoca, era diretta a garantire più potere ai leaders dei partiti etnici di Yugoslavia per poter distogliere l'attenzione dalle richieste di democratizzazione. Da allora i secessionisti albanesi in Kosovo hanno amplificato il boicottaggio delle istituzioni serbe (le consultazioni elettorali, i curriculum scolastici, le tasse, ecc.) già attivo da anni. Questo boicottaggio, che è stato esteso anche all'eccellente servizio sanitario pubblico serbo in Kosovo con detrimento della salute dei bambini, è stato presentato al mondo intero come un "apartheid" imposto dai Serbi; quest'immagine è stato creata dalla fortissima lobby d'etnia albanese in Germania e negli Stati Uniti, dove, già nel 1980, poteva contare sull' influente patrocinatore senatore Robert Dole. Gli obiettivi: dividere la storica provincia serba dalla Yugoslavia e farla diventare una terra totalmente albanese. Il boicottaggio delle istituzioni fu anche presentato al mondo come un'azione non violenta di tipo gandhiano. Ma come ha puntualizzato Dardan Gashi in un recente libro ( Albanien: Archaisch, orientaliesch, europaeisch, Promedia, Vienna, 1997, p.69) questo tipo di disobbedienza civile era in linea con lo storico rifiuto, da parte dei clans dell'Albania settentrionale e del Kosovo, di rispettare qualsiasi altra legge che non fosse quella del loro tradizionale "Kanun", le regole patriarcali di condotta non scritte che spaziano dai rigidi obblighi di ospitalità fino alle implacabili e sanguinose faide. L'assenza totale di regole che regna in Albania attualmente ne è una testimonianza. Il conflitto fra Serbi e Albanesi, che è più culturale che storico ( e la religione c'entra ben poco), avrebbe richiesto una mediazione molto paziente e saggia da parte di forze esterne che non hanno interessi diretti nella regione. Al contrario è stato mediato da istituzioni che si potenziano attraverso il conflitto: i media e la NATO. Entrambe hanno trasformato un problema difficile in una catastrofe. Prima dei bombardamenti NATO non esisteva alcuna "pulizia etnica" verso gli Albanesi del Kosovo. Vi erano semmai delle operazioni della polizia serba contro l' "Esercito di Liberazione del Kosovo" (KLA) , che per oltre un anno aveva ucciso sia poliziotti che privati cittadini, inclusi degli albanesi che non collaboravano. Gli attacchi del KLA erano una classica provocazione per scatenare le azioni poliziesche per poi denunciarle sistematicamente come attacchi contro la popolazione albanese. Le vittime da entrambe le parti sono state nell'ordine di centinaia ( la cifra di 2000 denunciata dal KLA è sicuramente un'esagerazione, ma anche fosse, non è certamente l'inizio di un "olocausto"). Molte case sono state distrutte dal momento che le case rurali albanesi sono costruite per un doppio uso: come dimora e come difesa, e ciò è conforme alla tradizione delle faide tribali (op. cit. p.68). E' possibile spesso vedere le case albanesi recintate da mura con feritoie ai piani superiori. Rolly Keith , ex-osservatore dell'OCSE in Kosovo, ha dichiarato in un meeting a Vancouver il 10 aprile che fino a che la missione non è stata espulsa dal Kosovo 4 giorni prima che cominciassero i bombardamenti non ha visto alcun segno di genocidio o di pulizia etnica. Altri osservatori OCSE hanno confermato la stessa cosa, ma sono stati marginalizzati dal capo della missione William Walker , ex-ambasciatore a El Salvador e specialista nell'organizzare le cosiddette "repubbliche delle banane" in America Centrale. Da quando gli osservatori OCSE sono stati espulsi e la NATO ha iniziato a fare a pezzi il Kosovo con le sue armi ad alta tecnologia è impossibile sapere esattamente che cosa stia succedendo. I rifugiati stanno fuggendo dall'inferno della guerra. Fra tutte le cose terribili che stanno avvenendo è probabile, com'era d'altronde prevedibile, che le forze serbe stiano espellendo tutti gli Albanesi da molte aree del Kosovo, considerandoli la "quinta colonna" della NATO (proprio come dopo Pearl Harbor , quando gli Stati Uniti hanno fatto la "pulizia etnica" dei giapponesi americanizzati nella West Coast, sebbene il Giappone non sostenesse che la sua guerra era fatta per favorire un'etnia giapponese mirante a staccare la California dagli USA). Le sofferenze dei profughi civili, assolutamente prevedibili dopo i bombardamenti NATO, sono state accolte prima di tutto con le telecamere piuttosto che con interventi di soccorso. Di conseguenza i media hanno potuto far risuonare le corde del sentimento della gente per bene del Minnesota e creare l'impressione che la NATO stesse facendo la guerra per fermare la pulizia etnica, che peraltro stava proprio iniziando. Attraverso le immagini televisive sono stati scambiate le cause e con gli effetti. Ora, quale che sia il tipo di pulizia etnica che i Serbi stanno veramente facendo, è comunque amplificata fino a diventare "genocidio". Il concetto viene sfruttato propagandisticamente dalla NATO per entrare in Albania ed occuparla, all'apparenza per scopi "umanitari", ma pronta per un'invasione "umanitaria" di una Yugoslavia totalmente devastata. Lo spettacolo dei rifugiati biondi e dagli occhi azzurri ha toccato i cuori degli Europei e degli Americani come mai prima era successo. Questo genere di spettacolo serve come schermo dietro a cui la NATO nasconde l'altra guerra parallela: la totale distruzione della Serbia. I bombardamenti sono presentati all'Occidente come una necessità perché "Milosevic si ritiri". In realtà le azioni dicono assai più che le parole, specialmente in tempo di guerra. Il bombardamento dei ponti che collegano la Serbia centrale al nord con la provincia della Voivodina ( il ricco granaio della Yugoslavia), al sud con la Macedonia e all'ovest con la Bosnia , fa chiarezza sull'obiettivo strategico della NATO: isolare la Serbia centrale dalle province periferiche e dagli stati confinanti. Il bombardamento di fabbriche ed infrastrutture dice altrettanto chiaramente che lo scopo è di impoverire quel che rimane della Serbia in tal modo isolata e distruggere il futuro della sua gioventù. La VERA guerra è quella per distruggere la Serbia. La guerra parallela in Kosovo ne è solo il pretesto e il cuneo con cui sfondare. La gente di Belgrado, con cui sono stata in contatto ogni giorno al telefono o via e-mail, lo capisce fino in fondo. Non capisce quello che succede dalla televisione, lo capisce dalle bombe che le cascano sulla testa. Un'altra terza guerra parallela è di tipo propagandistico. La NATO è andata tanto oltre da mirare alla televisione serba. "La televisione serba ha riempito per anni l'etere con odio e bugie... è pertanto un obiettivo legittimo di questa campagna", ha dichiarato il comandante dell'aviazione NATO David Wilby. Gli americani e gli europei non hanno nessun modo per sapere se questo è vero o no. Non guardano la televisione serba. I Serbi invece guardano le televisioni occidentali, specialmente la CNN in questi giorni, per sapere in anticipo che cosa sarà bombardato. Essi possono comparare quello che dicono entrambe le fonti televisive. Un amico ritornato da un viaggio a Belgrado mi ha detto:" I Serbi sono molto ben informati. La gente discute in continuazione, i telefoni sono sempre occupati dalla gente che si chiama in continuazione e si informa. Quello che sta succedendo non è una sorpresa per i Serbi. Sapevano che sarebbe successo perché hanno osservato il comportamento degli Stati Uniti in tutto il mondo. Gli Stati Uniti bombardano. La gente parla di questo in continuazione, ma anche così, è sempre uno shock quando accade davvero." A Belgrado il mio amico ha potuto vedere sette canali televisivi yugoslavi, tre del governo (RTS1, 2 e 3) e gli altri privati: Studio B, Politika, Palma e BK del gruppo bancario dei fratelli Karic. Se Milosevic è il "nuovo Hitler" allora è un dittatore molto riservato. Mentre il vero Hitler tuonava e inveiva alla radio, Milosevic è praticamente invisibile. Anche i suoi peggiori nemici si sono dimenticati di lui. Sembra irrilevante. Nessuno parla neanche del Kosovo o degli Albanesi, eccetto i rifugiati serbi, zingari ed albanesi che sono scappati a Belgrado per gli incessanti bombardamenti nel Kosovo. Milosevic sembra anche irrilevante per la guerra che la NATO conduce contro la Serbia. Attualmente, nello stato di guerra, sono sporadicamente rinforzate diverse inutili restrizioni della stampa adottate di recente. Radio B92 è stata chiusa senza alcuna ragione apparente. Altre sono in corso. I giornalisti stranieri sono stati autorizzati a ritornare in Serbia dopo la loro iniziale espulsione. Le condizioni di guerra producono restrizioni e censure. E questo è stato vero anche per gli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale. Ma oggi con le antenne satellitari, con le e-mail e il web, ascoltare quello che viene detto da entrambe le parti non è un problema per la gente che vuole essere informata, ed essere un bersaglio della NATO è una buona motivazione per esserlo. "La NATO ha sganciato volantini sulla Serbia per spiegare le buone intenzioni della guerra; - ha detto il mio amico- questo non ha fatto altro che ricordare alla gente i volantini che venivano lanciati dai nazisti durante il bombardamento di Belgrado nel 1941. Ridicolo." I Serbi, specialmente a Belgrado, di solito erano sempre molto divisi nelle continue discussioni politiche. " Ora - ha detto il mio amico- non c'è una sola persona che non pensi che i Serbi siano nel giusto. Forse, se ci fosse stato solo qualche avvertimento, una piccola dimostrazione di forza, le cose sarebbero andate diversamente. Ma distruggere in modo totale tutto il potenziale per la vita futura della nazione va ben oltre quello che ognuno può intendere." I Serbi sanno che non possono sconfiggere la NATO. Pensano che non ci sia niente da fare contro una tale potenza distruttiva. La NATO ha i suoi scopi e i suoi progetti e giura di perseguirli fino alla fine. I Serbi non pensano che sbarazzarsi di Milosevic o accettare questo o quell'accordo faccia qualche differenza. La NATO ha deciso di distruggerli per trasformare i Balcani in un patchwork di stati etnici clientelari o in insieme di protettorati da usare come basi NATO. Lo sanno, non perché gliel'abbia detto Milosevic, ma perché essendo ben informati dai media internazionali, lo hanno capito da soli. All'Ovest il confronto che viene continuamente fatto è con l'Olocausto. Nell'Est dove il popolo serbo, provocatoriamente, passa nottate su nottate a difesa dei suoi ponti, il parallelo è diverso: è Masada.

Diana Johnstone, 13 aprile 1999

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