La situazione sta evolvendo rapidamente. Siamo passati da una fase preliminare di guerre umanitarie tese a debellare isole non omogeneizzate dello scacchiere imperialista, ad una guerra di lunga durata che acquista sempre più i connotati di una guerra globale con larea islamica.
Perchè questa guerra? Ormai è chiaro che gli USA hanno deciso di dominare con le armi larea entro cui sono organizzati i loro principali interessi e in questo caso si tratta del Centro Asia e del Medio Oriente dove sono concentrate le risorse petrolifere. Una guerra di lunga durata che porterà a conflitti sempre più aspri.
Siamo dunque nella fase due della situazione creatasi dopo il crollo dellURSS e il cambiamento dei rapporti di forza a livello mondiale. La prima fase è stata quella dellinvasione pacifica dellest Europa e, come si è detto, delle guerre umanitarie. Oggi siamo nella fase della lotta globale al terrorismo cioè dellintervento armato su tutta larea dove sono concentrate enormi risorse petrolifere e in cui, a partire dallIraq, si sono aperte contraddizioni che non ne consentono uno sfruttamento pacifico.
E probabile che un futuro, non molto lontano, ci riserverà una terza fase in cui il confronto con le grosse entità geopolitiche sarà diretto. Ora gli USA debbono mettere ordine nellorto di casa, come usano dire, dove si sono aperte crepe che possono compromettere quellegemonia globale che pensano di aver raggiunto e che in prospettiva dovrebbe essere esercitata su realtà come la Russia, la Cina e lIndia.
Dal punto di vista dellanalisi, dello scenario che abbiamo di fronte, ci deve essere chiaro il susseguirsi dei passaggi, non solo per individuarli correttamente, ma anche per impostare il lavoro politico, trovare il punto di sintesi su cui far marciare la posizione dei comunisti.
Noi di Aginform ci siamo sforzati in questi anni di delineare le linee essenziali dei percorsi di guerra e delle mistificazioni che li hanno accompagnati. Qualè la posizione che bisogna esprimere nel nuovo contesto?
Finora, lopposizione alle guerre ha avuto come asse il pacifismo, ma basta dire lotta contro la guerra? Certamente il rifiuto della guerra e lunità dei popoli contro le guerre imperialiste è il punto di convergenza importante di un fronte ampio. Manifestazioni come quelle di Roma e di Londra e di tanti altri paesi occidentali i cui governi partecipano alle aggressioni sono importanti indicazioni di massa, ma da comunisti occorre prepararsi alla fase del confronto diretto coi governi che gestiscono lintervento armato.
Lesperienza della guerra allIraq e alla Jugoslavia insegna che la sola protesta pacifista non basta a fermare le aggressioni. I governi imperialisti, tra cui lItalia, danno per scontata questa protesta e mentre si scende in piazza per dire pace, salpano le cannoniere con tanto di retorica patriottarda e di fanfare. Coperti dal voto di un parlamento a stragrande maggioranza imperialista si cerca di paralizzare il paese cercando di dimostrare che democraticamente si è scesi in guerra.
Il nostro non è certamente un invito a ricorrere ad azioni terroristiche. Esse peraltro vengono utilizzate anche in Italia dai nostri avversari per metterci in difficoltà, come è avvenuto con luccisione di DAntona in piena guerra contro la Jugoslavia e come avviene con le miriadi di iniziative dei proletari in servizio permanente effettivo.
Qualè dunque la soluzione? Intanto dobbiamo definire lo scenario che si sta profilando. Gli USA hanno deciso di darsi licenza di uccidere, cioè di articolare lintervento militare senza remore. Una volta dichiarata guerra al terrorismo, tutte le occasioni sono buone per intervenire e la guerra si allunga. Ora è la volta dell Iraq. Dunque non è più possibile reagire in modo tradizionale. I cortei, per quanto partecipati, non bastano più. Bisogna rendere incisiva lazione di massa al punto che coloro che decidono di partecipare alle avventure imperialiste devono trovarsi di fronte a forme e tempi di mobilitazione che non abbiano nulla di tradizionale e di scontato. Scegliere la guerra non può consentire ai governi che la promuovono una gestione ordinaria delle cose. Scegliere la guerra deve poter significare confronto permanente con chi la guerra rifiuta. Non possiamo rassegnarci, dobbiamo ridisegnare il nostro impegno politico in modo che gli autori di questa nuova fase drammatica della storia dellumanità trovino la risposta adeguata.
Limperialismo USA e UE ci ha portati ad una situazione tragica, del tipo già vissuto con la prima e la seconda guerra mondiale. Dobbiamo trasformare i modi dellagire politico in rapporto agli eventi. Sappiamo purtroppo che, in rapporto al corso degli avvenimenti, non sono maturati gli strumenti di organizzazione politica adeguati. Non cè un partito bolscevico allaltezza della situazione o lURSS della seconda guerra mondiale. Cè invece il teatrino rivoluzionario a fronte di un movimento con orientamenti pacifisti. Connettere la richiesta di pace con la lotta contro limperialismo è il compito che ci spetta. Non a parole, ma nei fatti.