Comunisti "idealisti" e materialismo

Dopo la grande offensiva ideologica portata avanti dall’imperialismo a livello mondiale sull’onda degli avvenimenti dell’89 e certamente non ancora conclusa, a sinistra si sono mosse le fanterie del neocomunismo per effettuare una sorta di pulizia etnica di ciò che resta della storia del movimento comunista.

Per questo rieniamo compito prioritario dei comunisti la risposta sul piano dell’analisi storica e del confronto teorico e, contemporaneamente denunciare il significato di certe campagne che ripropongono il comunismo ‘vero’ contro il movimento comunista reale.

In questo contesto si è andata collocando l’offensiva lanciata da Bertinotti con il suo libro Le idee che non muoiono e con il numero speciale di "Liberazione" intitolato Chi ha ucciso la rivoluzione? Tutto questo poi si accompagna alla campagna abbonamenti del giornale che esibisce la faccia di Trotzky con la scritta: "tranquillo (Trotsky, evidentemente) la causa non è morta, LIBERAZIONE vive!" Come dire: ci siamo noi del PRC a difendere l’eredità trotskysta.

In questo modo si scopre anche il gioco di coloro che ci hanno sempre rimproverato di voler portare indietro la ruota della storia e di riproporre antiche querelle da anni trenta, addirittura del secolo scorso, che non interesserebbero più nessuno e sarebbero un guardare il passato e uno schermo per il presente. Mentre, come i fatti dimostrano, si sta scoprendo un filo rosso tra certe impostazioni della rivoluzione permanente di Trotsky e la cosiddetta lotta alla globalizzazione. Sicchè il passato, uscito dalla porta, rientra dall’ingresso di servizio.

A parte ciò, ci sono molte buone ragioni per impegnarci, e duramente, nello scontro. Una di queste ragioni è storicamente datata, ma si ripropone ancora oggi e riguarda la natura e gli scopi di una critica di ‘sinistra’ al comunismo reale che non ha nulla a che fare col dibattito teorico politico nel movimento comunista, ma rappresenta la critica radicale e distruttiva delle sue esperienze. Francamente, anche se non vogliamo resuscitare certi fantasmi, ci sono molti elementi per dimostrare che la natura di certi attacchi non ha nulla a che fare col dibattito teorico e con le valutazioni storiche, ma viene organizzata e diretta da personale in servizio permenente effettivo. Non se ne abbiano a male coloro che si sentono offesi da questa accusa di collusione col nemico. Ad essi, se sono in buona fede, domandiamo di considerare la questione dal punto di vista oggettivo, del risultato che ottiene, e ha ottenuto, la borghesia col concerto demolitore di destra e di sinistra contro il comunismo reale, e quindi di affrontare con senso di responsabilità la discussione di merito. Purtroppo, la dinamica gruppettara e neoanarchica ha aperto nuovi spazi al trotskysmo e innescato nuove derive anticomuniste.

A queste compagne e compagni travolti dall’insana passione per il neotrotskysmo diciamo che ci sono due elementi significativi per individuare la sostanziale fallacia di queste critiche. Una è legata alla inconsistenza materiale delle forze che nei decenni passati le hanno espresse. Come è possibile che tanta purezza e lucidità rivoluzionaria non si trasformi in movimento rivoluzionario che abbia un peso storico? E perchè, in secondo luogo, l’impegno di questi gruppi ha come obiettivo principale le forze materiali e storicamente consistenti delle esperienze nate col movimento comunista creando non differenziazioni politiche con esse, ma contribuendo ad erigere un muro di odio che è appunto ciò che vuole la borghesia? Se non fossimo convinti che un tale modo di agire sia ben collegato alla ‘militanza’ in servizio permanente effettivo di certa intelligence potremmo credere che si tratti di puro estremismo. Invece siamo convinti che dentro l’estremismo e il velleitarismo ci sia la mano di apparati che sanno bene che l’obiettivo è quello di demolire il comunismo reale per riaffermare un innocuo idealismo comunista.

La questione si è posta nei decenni passati con la forsennata campagna contro l’URSS e i paesi socialisti e si è riproposta con Milosevic, con la Cina ed altre esperienze nate da rivoluzioni reali. E’ occasionale tutto ciò? Noi riteniamo di no e riteniamo che sia arrivato il momento di chiamare le cose con il loro nome e di dire chiaramente che la sistematica denigrazione di Milosevic e della Cina, come l’amplificazione delle notizie sulla Cecenia hanno una regia che non sta certamente a sinistra. Non vorremmo tornare al titolo dell’editoriale della Nostra Lotta del periodo della Resistenza: "sinistrismo maschera della Gestapo", ma certamente bisogna imparare a distinguere i compagni dai poliziotti e introdurre nel dibattito politico il concetto di agenti del nemico dentro la sinistra.

Naturalmente, pur ritenendo che questo giudizio sui registi veri dell’anticomunismo di ‘sinistra’ vada mantenuto fermo, spiegato politicamente e reso senso comune tra i compagni, allo stesso tempo riteniamo che i contenuti del dibattito in corso vadano spostati anche su altre questioni fondamentali.

Una di queste, centrale, di carattere teorico, riguarda l’interpretazione materialistica dei processi storici e i caratteri della transizione al socialismo e al comunismo. Da questo punto di vista una autocritica è quanto mai necessaria anche tra di noi e riguarda il fatto che posizioni fideistiche e semplificazioni dei processi storici hanno alimentato anche tra le nostre file l’idealismo.

Ci rendiamo conto che essere oggettivi, mentre si sta combattendo una battaglia è cosa quanto mai difficile, ma occorre imparare, da un punto di vista scientifico-rivoluzionario a stare dentro le cose per coglierne non solo gli aspetti concreti, ma anche le potenzialità oggettive, evitando di cadere nel soggettivismo e nella progettualità fatta solo di parole. Se noi, per ragioni emotive, non sappiamo fare questa operazione, saranno i fatti a porci brutalmente di fronte a dati interpretativi come quelli che riguardano il crollo dell’URSS e dei paesi socialisti dell’est europeo.

In questo modo vogliamo dire ai compagni e alle compagne che hanno le nostre stesse posizioni che, se è vero che i revisionisti e gli agenti del nemico hanno ben lavorato all’interno del movimento comunista, è indubbio anche che analizzando le ragioni per cui la vittoria del 7 novembre 1917, la vittoria nella guerra civile e contro l’interventismo straniero a fianco delle truppe bianche, la costruzione di una potente industria socialista in URSS, la vittoria sul nazismo ecc. ecc. possono essere cancellate di un sol colpo, è inevitabile che si debba uscire dalla categoria del ‘tradimento’ e rifarsi ad una base interpretativa scientifico-materialistica per spiegare l’epilogo di cinquant’anni di sistema socialista.

Il XX congresso è stato sicuramente l’inizio della degenerazione, ma come è stato possibile il XX congresso? Dove e perchè si sono accumulate le forze che hanno portato a Gorbaciov e al 1989? I trotskysti e Liberazione hanno già risposto a questi interrogativi sostenendo la degenerazione del sistema socialista dopo la rivoluzione d’ottobre. I comunisti che evidentemente non possono ora negare l’epilogo dell’URSS e del socialismo est-europeo che cosa rispondono?

La lotta ‘antirevisionista’ non è condizione sufficiente, anche se necessaria, a spiegare questo epilogo. A nostro parere le risposte stanno altrove, e cioè nel comprendere, sulla base del bilancio concreto dell’esperienza comunista, che è necessario introdurre nuovi paradigmi interpretativi non solo sulle esperienze rivoluzionarie passate, ma anche adeguare la strategia dei comunisti sopratutto per capire meglio i nessi tra contingenze rivoluzionarie, anche di ampio respiro e costruzione del socialismo e del comunismo. In altri termini dobbiamo interrogarci su quali percorsi concreti attraversa la transizione da un sistema sociale come quello capitalistico al socialismo e al comunismo alla luce di fatti come il crollo dell’URSS dopo più di cinquanta anni di potere sovietico.

I critici trotskysti e neotrotskysti ci dicono che il comunismo è possibile qui e subito e che i malvagi stalinisti hanno ucciso la rivoluzione. Sappiamo che queste affermazioni sono pura ciarlataneria pseudorivoluzionaria che non trovano giustificazioni in modelli alternativi di esperienze rivoluzionarie. Ma di fronte alle sconfitte e alle difficoltà si insinua tra i compagni il dubbio e su questo fanno leva gli anticomunisti per indebolirci. Oppure per gettarci nelle braccia di un ‘movimento’ che non si pone finalità strategiche e di potere.

Però un elemento forte della nostra risposta l’abbiamo individuato e dobbiamo lavorarci tutti assieme, un punto non certamente secondario lo stiamo gestendo anche attraverso AGINFORM e consiste nella valorizzazione degli effetti che hanno provocato non solo il leninismo e la rivoluzione d’ottobre, ma anche la terza internazionale e l’URSS sotto la direzione di Stalin. Deve essere chiaro che chi nega questi dati non può definirsi comunista.

Però anche questa condizione non può essere sufficiente ad affrontare una ripresa del movimento comunista.

Ora bisogna interrogarsi sulle potenzialità delle esperienze passate, sui limiti oggettivi di queste esperienze e sull’adeguamento delle ipotesi di percorsi rivoluzionari verso il socialismo e il comunismo a partire dai risultati raggiunti e dalla natura delle nuove contraddizioni. Ai marxisti leninisti spetta il compito di misurarsi con queste questioni dando risposte adeguate.

La storia delle rivoluzioni nelle varie epoche insegna che gli effetti di un cataclisma rivoluzionario seguono un percorso tortuoso fatto di ritorni reazionari e contrari pur risultando l’onda lunga delle trasformazioni, vincente.

Alcuni compagni su questo si mostrano titubanti e sembrano influenzati dalla campagna del nemico, il quale fa leva sull’idealismo comunista per archiviare questa vicenda storica. La quale, a nostro parere, non è archiviabile, sia perchè la spinta propulsiva della rivoluzione d’ottobre ha cambiato il mondo e quindi è concretamente esistente all’est come all’ovest come sedimentazione storica, e sia perchè è per noi fonte di riflessione sui problemi che ha posto nel concreto al movimento comunista. In questo contesto deve essere chiaro che la nostra battaglia ha poco a che fare con lo scontro tra stalinisti e antistalinisti, ma riguarda l’alternativa tra concezione materialistica dei processi storici e idealismo ‘comunista’.

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