Roma, 26 marzo 2001

ESPOSTO AL PROCURATORE MILITARE DOTT. ANTONINO INTELISANO.

ASSOCIAZIONE NAZIONALE ASSISTENZA VITTIME ARRUOLATE NELLE FORZE ARMATE E FAMIGLIE DEI CADUTI
Segreteria: Largo Michelangelo, 5 - 00034 COLLEFERRO (Roma) - Tel. 06/9780145 • Concetta Conti

Oggetto: La Commissione di inchiesta del prof. Mandelli sulI' uranio impoverito.-

Non è affatto chiaro perché alla Commissione Mandelli sia stato conferito l'incarico di indagare solo sulle possibili conseguenze sulla salute dei militari italiani nell'area dei Balcani escludendo l'area della Somalia (Operazione Restore Hope)» a parte il fatto che parlare dei Balcani è improprio perché vengono incluse anche le aree dell' Albania e della Macedonia che non sono state interessate a operazioni militari in cui è stato impiegato munizionamento all'uranio impoverito. In proposito su il Corriere della Sera del 20.3.2001 si parla dell'impiego di 53.000 militari tra Bosnia, Kossovo, Albania e Macedonia. Inoltre nella indagine statistica andava tenuto conto del fatto che anche in Kossovo e Bosnia vi sono sia zone contami-nate che zone non contaminate ed inoltre che il personale mili-tare in Bosnia ha operato senza alcuna protezione rispetto ai pericoli dell'uranio impoverito, mentre in Kossovo, sia pure dopo 5 mesi, sono state impartite disposizioni in merito (il 22.11.99). Quindi l'esposizione al rischio è stata diversa in Bosnia e in Kossovo.

Per quanto concerne la Somalia è stato impiegato da parte degli USA del munizionamento all'uranio impoverito, come conferma l'Allegato 1, ed in conseguenza i reparti degli Stati Uniti hanno adottato misure di protezione che invece non sono state adottate dai nostri reparti. Gli aerei USA AC 130» gli elicotteri Cobra e i mezzi blindati Bradley hanno, in particolare, usato armi all'uranio impoverito nel ciclo di operazioni condotte per catturare il generale Aidid (operazioni che peraltro risultarono fallimentari e portarono alla perdita di due elicotteri USA).

Si sono avute testimonianze in particolare dei violenti bombardamenti USA nella zona del1'areoporto, zona in cui erano destinati anche reparti italiani, che quindi sono stati esposti alle conseguenze di tali esplosioni (vedi Allegato 2). Il fatto che i militari italiani siano stati esposti direttamente alle esplosioni diversifica la situazione della Somalia (e la rende particolarmente cogente ai fini dell'analisi delle conseguenze dell'uranio impoverito) da quella che si è verificata ad esempio in Kossovo dove per lo più gli italiani si sono trovati ad operare in tempi successivi alle azioni a fuoco. I mezzi blindati italiani impiegati in Somalia erano i blindati Centauro dotati di armamento da 105 mm che l'Italia aveva acquistato nel 1985 da Israele e di cui si farà un cenno in seguito.

I casi di possibile contaminazione da uranio impoverito, dei quali si è avuto notizia in Somalia (e che comunque probabilmente sono solo una parte di quelli che si sono verificati) sono peraltro numerosi, soprattutto tenendo conto della limitatezza numerica del contingente italiano. In particolare si è avuto notizia di due casi di militari che sono risultati affetti da linfoma di Hodgkin, il militare Gianbattista Marica (vedi Allegato 3) e il sottotenente Daniele Sanese (vedi Allegato 4). Si è avuto anche notizia di tre casi di affetti da tumori possibilmente derivati da contaminazione all'uranio (il capitano di Corvetta Crescenzio D'Alicandro, il maresciallo Umberto Pizzamiglio e il maresciallo Alvaro Marini, tutti e tre deceduti - vedi Allegato 5).

Peraltro in Somalia si ebbe il primo caso di militare per il quale si sospettò che la malattia che lo aveva colpito (che portò a un suo rapido dimagrimento di 20 chili e fu attribuita a varie cause come ad una vaccinazione, ad un emoderivato ed anche all'Aids) potesse essere appunto stata provocata da una contaminazione causata dall'uranio impoverito (vedi Allegato 6).

Dunque l'esclusione dalle indagini della Commissione Mandelli relativa alla Somalia non pare giustificata da alcunché ed anzi quella zona pare la più significativa sotto vari aspetti, anche a prescindere dall'elevato numero di casi che si sospetta possono essersi verificati per il fatto che i nostri militari sono stati coinvolti insieme a militari USA direttamente nella zona di operazioni e inoltre in zone come Quella dell'aeroporto in cui la presenza di elicotteri e della turbolenza creata dalle pale riportava in circolo la polvere di uranio che si era depositata al suolo.

A parte ciò in Somalia sono sorti dei dubbi circa l'uso che si è fatto dei proiettili del lotto di armi acquistato dall' Italia nell' 85 sunnominato di cui una parte sembra sia conservata in depositi della Toscana (Bibbona)» della Puglia e della Sardegna. Sono stati avanzati sospetti che queste armi potessero essere all'uranio impoverito, ma il Ministero della Difesa lo ha smentito (vedi Allegati 7, 8, 9). Resta comunque il fatto che non si capisce il perché l'Italia che è costruttrice di armi (oltrechè del blindato Centauro) avesse acquistato armi da Israele, paese per il quale era in atto un divieto di compra/vendita in quanto paese considerato in guerra con gli arabi ed anche perchè aveva fatto da tramite per la vendita di armamenti italiani al Sud Africa, nei riguardi del quale era in atto un embargo internazionale (vedi Allegati 10, 11, 12).

Per quanto concerne poi le modalità in cui è stata condotta l'indagine sussistono non poche perplessità» infatti una indagine epidemiologica deve essere fatta su una base dati molto vasta tale che piccole variazioni non incidano sensibilmente sui risultati. Infatti» ad esempio» se si indaga su un migliaio di casi che questi, anzichè 1000 siano 1001, 1002 o 1003 non cambia molto» mentre se si indaga su una decina di casi il fatto che siano 11» 12 o 13 cambia in modo molto più sensibile il risultato. Inoltre una indagine epidemiologica deve essere fatta "a bocce ferme" nel senso che deve essere fatta dopo un sufficiente lasso di tempo rispetto al fenomeno esaminato» quando cioè questo fenomeno possa considerarsi concluso. In questa vicenda pare ci sia fermati nella raccolta dei dati al 1 febbraio 2001, mentre dopo quella data si è avuto notizia di molti altri casi ed altri continuano ad affluire. E ciò è ovvio dato che il tempo di latenza per alcuni dei tumori registrati si è dimostrato di vari anni, anche 6 anni (ma il tempo può essere anche di 10 o più anni) e ciò del resto in conformità con quanto si è verificato in relazione alla guerra del Golfo (e con la importante esperienza che si è potuta trarre da quella vicenda).

Inoltre, per quanto concerne i danni alla salute che possono essere stati causati dall'uranio, sono stati presi in considerazione solo delle neoplasie maligne gravissime che hanno portato alla morte varie persone e che possono rilevarsi mortali per altre. Ma i danni alla salute non riguardano solo questo tipo di affezioni. Vi è chi dopo il ritorno dopo dalla missione è diventato sterile, c'è chi soffre di tiroide ed altre malattie. Affermare che l'uranio è innocuo solo in base ad un conteggio statistico delle neoplasie maligne non sembra corretto nè sotto l'aspetto etico nè sotto quello sociale.

A prescindere da quanto sopra i casi che il Ministero della Difesa ha segnalato alla Commissione Mandelli non sono certo tutti quelli che dovevano essere presi in esame. Infatti, mentre nessun caso sembra sia stato segnalato dagli interessati attraverso canali ufficiali, la quasi totalità è stata piuttosto resa nota attraverso singole segnalazioni degli interessati ad associazioni o ad organi di stampa. Inoltre» tra coloro che hanno segnalato dei casi alle associazioni vi è chi ha chiesto di mantenere l'anonimato. Questo è ad esempio è il caso di un maresciallo di 29 anni operato di un tumore alla testa e attualmente in cura. C'è anche da tener presente il fatto che le cartelle cllniche si riferiscono a casi pregressi e non a casi ancora in corso e quindi basarsi sulle solo cartelle cliniche limita di per sè il numero degli eventi considerati.

Altra problematica su cui sorgono delle perplessità riguarda il numero delle presenze nelle zone prese in considerazione. In risposta ad una domanda rivolta dallo scrivente alla Commissione in sede di conferenza stampa» circa quale era la durata minima di una missione da dover essere presa in considerazione, è stato risposto che erano state prese in esame anche missioni di un solo giorno. Ma allora c'è da chiedersi se il personale» ad esempio quello addetto a manutenzioni, riparazioni» trasporti» sicurezza» chi si reca ad esempio per un solo giorno a Serajevo, è da considerarsi in missione nei Balcani? Vi è del personale che si è recato decine di volte nei Balcani per brevi missioni e anche personale che ha compiuto 2» 3 o 4 missioni di 4 mesi ciascuna. Ovviamente vi sono delle differenze significative tra queste situazioni di cui occorre tener conto. Nella tabella 4 della relazione della Commissione Mandelli intitolata "Località di destinazione delle missioni per Forza Armata (comprensiva delle attività dell'Aeronautica, della Marina, dell'Esercito e dei carabinieri)" si legge che il totale delle missioni è stato di 57.164, mentre le persone fisiche sarebbero state 39.450. Il numero delle persone considerate come possibilmente contaminate è ovviamente un dato statisticamente rilevantissimo e deve essere precisato con la massima cura senza che possano sorgere delle ambiguità.

Una tematica da tenere presente riguarda le differenze strutturali tra la "popolazione militare" e la "popolazione civile" con cui possono essere fatti dei raffronti. Si tratta di situazioni disomogenee perché i militari sono una popolazione "selezionata" per via delle numerose visite mediche cui vengono sottoposti. Queste visite hanno come conseguenza l'esclusione di soggetti con tare fisiche.

Per quanto riguarda il raffronto con la media nazionale dei tumori sembra che Questa non possa essere dedotta solo basandosi su una decina di registri relativi a singole aree che non possono rappresentare la situazione globale.

Altre questioni che fanno sorgere perplessità riguardano il fatto che non sono state eseguite autopsie delle salme per accertarsi se si riscontrasse nelle ossa traccia di polvere all'uranio e neppure sono state seguite sperimentazioni in poligoni di tiro di armi all'uranio per rilevare, nelle polveri che si sollevano all'esplosione, il grado di tossicità e di radiazione di cui queste possono essere affette. Tra l'altro molti considerano le armi all'uranio come armi chimiche in relazione alla loro tossicità, ma questo aspetto scarsamente emerge dalla relazione che è centrata invece sull'aspetto delle radiazioni. Materia peraltro controversa per i pareri divergenti sulla soglia minima di pericolosità (1 mSv per la legge italiana, ma non cosi in tutte le normative).

Ciò che in particolare preoccupa circa le affermazioni che sulla base di questa relazione sono state fatte in pubblico in merito alla non-pericolosità dell'uranio, è che queste affermazioni sono in completo contrasto con quanto si afferma nelle sopra citate disposizioni di sicurezza emanate dalla Forza Multilaterale Ovest che pure portano la firma di un ufficiale italiano, il colonnello Osvaldo Bizzari, nelle quali si legge tra l'altro: "Se lavori entro 500 metri di raggio da un veicolo o costruzione distrutti indossa protezioni per le vie respitatorie. Inalazioni di polvere insolubile di UI sono associate nel tempo con effetti negativi sulla salute il tumore e disfunzioni nei neonati. Questi potrebbero non verificarsi fino a qualche anno dopo l'esposizione".

Se i militari operano in base alla certezza che l'uranio impoverito non possa provocare effetti negativi sulla salute vi è il concreto rischio che essi non si attengano alle sopra citate norme di sicurezza.

In conclusione per i motivi sopra elencati si ritiene che le conclusioni a cui è pervenuta la Commissione Mandelli siano inaccettabili e che quindi il lavoro debba essere rifatto su nuove basi tenendo conto delle questioni sopra accennate e di altre di tipo medico/scientifico che lo scrivente non è in grado di individuare. Soprattutto si ritiene necessario che vengano presi in considerazione i dati dell'operazione in Somalia e che vengano rettificate le valutazioni diffuse sui mass media sulle garanzie di non-pericolosità dell'uranio. Infine non si vede perché da indagini così complesse siano stati esclusi organi istituzionali come il dipartimento dell'Enea per la radioprotezione e l'Istituto nazionale di fisica nucleare.

Falco Accame
Presidente Ana-Vafaf

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