Considerazioni sul KKE
Attenzione: non 'politically correct'

Fulvio Grimaldi

Fonte. http://fulviogrimaldi.blogspot.com/


http://www.youtube.com/watch?v=-nte6ZrCk6A

Cari amici, se fate copia e incolla con questo link, troverete un bellissimo regalo. Regalo che sa di antico e perenne, che Claudio Villa vi piaccia o no. Personalmente non ho mai sentito nessuno metterci dentro tanta anima. Regalo che suscita sentimenti e anche pensieri del tutto attuali.

Prima di addentrarmi col prossimo post nella questione dei terrorismi di Stato a New York e in Grecia, vi cito, a proposito del regalo di cui sopra, una ottusa e anche infame dichiarazione ufficiale del tanto osannato, dai suoi polverosi corifei in Italia, KKE(partitocomunista) greco. Riferendosi agli scontri dei compagni ad Atene e in altre città, il KKE dichiara: "Risposta opportuna e secca anche a quei settori di certa sinistra antagonista (noi?) italiana e straniera che, rispolverando la mistica dello scontro di piazza, estranea da sempre alla storia e alla pratica del movimento comunista di tutto il mondo, danno l'impressione di essere impegnati a fornire un sostegno alla controffensiva mediatica del potere contro l'imponente movimento di lotta greco, di cui il KKE è soggetto politico fondamentale (sic).

E pensare che i compagni del KKE (Ke Kazzate Esternate!) ci avevano strappato meravigliato entusiasmo quando, unici in Europa, si erano messi a bloccare rifornimenti Usa e Nato ai briganti UCK e ai serialkiller dall'aria. A essere maliziosi, si potrebbe sospettare che quella era un sabotaggio gradito al Cremlino, amico della Serbia, ma che ora ai russi uno spappolamento dell'Europa greca non gli sta proprio bene, vista la funzione di cuscinetto tra sé e gli Usa che vorrebbero attribuire all'Europa. A suo tempo, la Yalta della coesistenza (la coesistenza è truffa, per farci stare buoni, cantavamo a Lotta Continua), non gli stava neanche bene che i partigiani greci resistessero agli occupanti greci per farsi uno Stato come piaceva a loro. Ne sanno qualcosa anche le nostre brigate, felicemente intitolate a Garibaldi. Figurati adesso che, anche con Portogallo, Spagna, Irlanda, Italia, in situazione oggettivamente prerivoluzionaria (ma senza soggetto nè avanguardia rivoluzionari), rischiano di disfargli quel cuscinetto. Da qualche parte c'è sempre chi, per muoversi, deve prima porre ascolto a un "Piccolo Padre".

Mancano le parole. Ma non i ricordi storici. Anzittutto quelli del vissuto di molti di noi, non iranciditi, del '68-'77, quando rovesciammo il paese come un calzino, alla faccia di un rottamato PCI che agiva da fornitore di munizioni alla strategia repressiva del regime golpistizzante, e quando lasciammo in strada partecchie decine di quei compagni che sapevano come, senza scontri e rischio della vita, non ci avrebbe cagato proprio nessuno. Regola valida sempre. E non può non costare testa, gambe e anche pelle sfasciate. Pensate all'Honduras: l'ossessione nonviolenta inculcata ai manifestanti della Resistenza, invalsa dopo le prime settimane dei durissimi scontri contro il golpe (e che altro devi fare contro un golpe?), ha fatto scomparire nel buco nero dell'attenzione uccisa la vicenda honduregna, il golpe obamiano, gli squadroni della morte dei paramilitari honduregni guidati da istruttori israeliani, una resistenza in piazza per sei mesi di seguito, gli arresti, le sparizioni, le torture, la persecuzione dei contadini, l'abissale povertà ritrovata. Di Honduras il mondo parlò, qualcuno partecipò, finchè i media, grazie agli scontri, erano costretti a tenerci aperti occhi e orecchie e un minimo di internazionalismo. I dirigenti della Resistenza volevano risparmiare vite? Le hanno fatte bruciare dal nemico. Meglio patria o muerte.

Genova 1960I Ricordi dei comunisti che si sono sollevati contro l'attentato a Togliatti, contro il Congresso del MSI a Genova sotto il golpista Tambroni, ricordi di Franco Serantini, Pietro Bruno, Verbano, Zibecchi, Saltarelli, Russo... Le famiglie di queste vittime del terrorismo quand'è che le celebrano il firmatutto del Quirinale e i media di destra e manca? Sempre ammanettati prima dai bonzi del PCI che dagli sbirri. Eppoi dalla damnatio memoriae universale. Ultimo sprazzo Genova 2001. E il KKE che dice?

Gli studenti greci del Politecnico che si batterono e morirono in piazza a rovesciarono il regime dei colonelli. E il KKE che dice? Occupa l'Acropoli. Bella trovata di visibilità, alla Disobbedienti.

Le cento e cento insurrezioni e sacrifici in piazza dei proletari od oppressi di altre classi e altri popoli di tutti i continenti, da Spartaco alla rivoluzione francese, alla Comune, alle 5 giornate di Milano, alla Repubblica Romana, alla rivolta di Napoli, alle barricate dell'0ltretorrente di Parma a Caracas, La Paz, Buenos Aires, Cuba (non c'era solo la sierra) e potrei aggiungerne mille altri da seppellire sotto un Olimpo di vergogna quegli opportunisti. E poi che differenza ontologica qualitativa si può trovare tra uno scontro dei partigiani in montagna, e uno scontro di manifestanti ijn città? Ce lo vogliono far credere gli amici del giaguaro. Del resto, anche quelli in montagna, o nel deserto, quando non si tratta di napolitanesca retorica su cose d'altri tempi, ma di Afghanistan, Iraq, Somalia, oggi sono trattati alla stregua dei "terroristi" di piazza. Anche dal KKE? O si barcamena?

C'è poi anche l'immancabile accusa di esseri provocatori o utili idioti della propaganda di regime. Ce l'hanno rifilata sempre e hanno partorito gli Occhetto, Fassino, Veltroni, D'Alema, Bertinotti! Mettendo sullo stesso piano i provocatori professionisti alla Sid, Cia, Mossad, Cossiga, Digos, CC, con chi usa la sacrosanta forza del suo schieramento per impedire che gli siano negati i fondamentali diritti di libertà, la sua piazza, la sua città, la sua fabbrica, la sua scuola, il suo ambiente, il suo habitat, il suo lavoro, la sua parola, il suo futuro. Ancora più vile (lo fecero già nella prima insurrezione greca, di due anni fa) è l'allusione alla possibile responsabilità di provocatori "estremisti" nella morte dei tre impiegati di banca, quando ci sono tutti gli elementi di prova per capire che quella è stata la classica provocazione di regime, alla Piazza Fontana, al Suv di New York, zeppo di bombolette da campeggio e fischiabotti, ma anche da razzo propulsore per la guerra e la repressione infinite. Ma anche allora costoro permisero dubbi ed esitazioni su Valpreda. E l'11 settembre l'ha fatto Osama e non il predecessore di Obama.

Il KKE sarà pure l'aggregato comunista più votato, ma quanto ad avere un ruolo di avanguardia, ce l'ha come D'Alema quando era segretario della FGCI. Ed è inutile che cerchi di scaricare il dramma degli scontri sui soliti black-bloc. Sono stati più onesti Il Fatto, Il Manifesto, La Repubblica, le riprese televisive, quando hanno mostrato che alla difesa dagli sbirri e nell'assalto al Parlamento hano partecipato migliaia di cittadini comuni, quelli venuti in giacchetta.

A Quito, nel 2004, un gaglioffo fascista, Lucio Guiterrez, fu cacciato insieme alla sua cricca yankizzata, dall'assalto e dall'occupazione del parlamento. Da una folla non guidata dal PC. Del resto quei PC, le cui ossa qualcuno si ostina voler ricomporre, hanno tutti avuto qualcosa che NON è "estranea da sempre alla storia e alla pratica del movimento comunista di tutto il mondo": l'assuefazione, l'accomodamento, la compatibilità, la subalternità con chiunque gli garantisse una parvenza di sopravvivenza e partecipazione: con Pinochet, con Videla, contro Ché Guevara, contro Fidel, con il regime democristiano, con i fantocci stragisti sciti messi al governo a Baghdad dai terminator Usa. Con Khomeini quando questi assaltò l'Iraq su mandato di Reagan. Una patologia apotropaica, che cerca di allontanare gli "influssi malefici", facendo gli scongiuri contro chi tira un sasso o una boccia. Una specie di invidia del pene, sublimata in ideologia politica che afferma "tu ce l'hai più grosso di me, per cui ti metto dietro la lavagna".

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