Interventi sull'incontro di Firenze


Tre priorità e qualche dubbio

Cari compagni,

non so se potrò venire a Firenze, dove è previsto l’incontro del 3 marzo. Francamente, non so neppure che cosa dirvi di nuovo perché, nel mondo in cui viviamo, non sempre ho le idee così precise come alcuni altri interlocutori di "Aginform". Mi sembra che nella situazione attuale tre siano le priorità:

1) contenere gli USA e quindi la NATO per impedire altri bombardamenti come quelli di Belgrado e Baghdad e una vera e propria ripresa della guerra fredda;

2) contenere l’ondata di destra (anche estrema) che sta avanzando in Europa e che dimostra un’enorme carenza di egemonia culturale e di strategia politica della sinistra;

3) ricostruire una "concezione del mondo" (come si diceva una volta) basata sulle esperienze positive, e sono molte, del movimento operaio e comunista e sull’analisi della crisi economica di sistema che si profila all’orizzonte (vedasi le dinamiche di Wall Street, il cui crollo già settant’anni fa fu la premessa dell’arrivo al governo di Hitler e della seconda guerra mondiale).

Per dirla fuori dai denti, senza aver prima ottenuto dei risultati tangibili in queste direzioni, non so che partito si possa andare a costruire. Un partito m-l a sinistra di quello di Bertinotti non credo riuscirebbe a fare granché. Del resto, la storia italiana degli ultimi quarant’anni è piena di partiti m-l che non hanno combinato nulla. Io andrei piuttosto a potenziare attività e comitati contro la guerra, contro la NATO, contro neofascismi e neonazismi. So che posso apparire un po’ "revisionista", ma non andrei ogni volta a tentare la ricostruzione di un corpo filosofico organico né farei di Stalin una discriminante esclusiva. Personalmente, ritengo Stalin uno statista di grande rilievo, che ha fatto uscire l’URSS dall’arretratezza e ha condotto il paese alla vittoria sulle armate nazifasciste. E’ anche vero che si sono verificati alcuni episodi drammatici durante il suo periodo di governo, episodi che peraltro non cambiano la valutazione complessiva sopra formulata. Noi non dobbiamo soffermarci sulle tragiche rotture che si sono prodotte nel movimento comunista (rotture per le quali esistono diverse responsabilità), ma recuperare l’insieme della storia passata, che resta grande e di grande valore educativo. Dalla lotta rivoluzionaria contro la guerra ai tempi di Lenin e Rosa Luxemburg fino alla guerra civile di Spagna, dalla Resistenza al periodo della guerra fredda fino ad arrivare al Vietnam e a Cuba, c’è un patrimonio enorme a cui attingere. Io temo che se non riusciremo a risalire la china in termini culturali e di memoria storica, se non riusciremo ad arrivare alle giovani generazioni che per molti versi sembrano essere più egemonizzate dalle destre, non riusciremo mai a ricostruire alcun Partito Comunista.

In questa fase, poi, si evidenzia la subalternità dei nostri governi che, pressati dal ricatto delle destre, accondiscendono agli imperativi del potente alleato oltreoceano. E’ bastato il caso Telekom serba combinato con l’appoggio che il "Financial Times" ha fornito al centro-sinistra con un articolo che prendeva apertamente posizione contro Berlusconi, per costringere il nostro ministero degli esteri a bloccare la partenza dall’Italia di un aereo carico di medicinali con destinazione Baghdad.

Sono stata recentemente ad un’assemblea in Camera del Lavoro qui a Milano, dove ci si lamentava del fatto che non si riesca a tirare fuori di galera Silvia Baraldini, nonostante il suo quarto tumore, a causa del trattato internazionale che è stato firmato con gli USA per poterla portare dagli States in Italia. A me sembra molto chiaro come non si possa far uscire di galera la Baraldini, così come non si possa negare l’uso dell’aeroporto di Aviano per bombardare Belgrado. I nostro governanti, gestori dell’ultima provincia di un impero sempre più in cattive acque dal punto di vista economico, ricattati dalla possibilità che la destra nostrana li sostituisca nella conduzione dello stato, non riescono a far altro che piegarsi ai diktat dei padroni del mondo. Scontiamo qui la mancanza di un polo internazionale alternativo, serio e rigoroso sul piano politico e sufficientemente forte da poter porre dei paletti all’aggressività altrui. Se la crisi economica del sistema capitalistico piegherà verso la depressione, temo che assisteremo ad altre avventure tipo Iraq e Jugoslavia e che i venti di destra e i ricatti sui deboli governi liberaldemocratici si accentueranno vieppiù. In condizioni del genere, non so a che cosa possa servire un raggruppamento o partitino m-l. I marxisti-leninisti di un tempo avevano a disposizione il Komintern, ma il Komintern stava a Mosca, aveva cioè dietro le spalle l’URSS, uno stato in cui la direzione politica e i cittadini si dimostrarono in grado di far fare la rivoluzione industriale al paese dotandolo delle infrastrutture necessarie a reggere l’urto dell’imperialismo mondiale. Noi non abbiamo niente di tutto ciò.

A questo punto credo che sia più utile lavorare all’interno di una formazione esistente, come il PRC, anche se la sua impostazione complessiva appare abbastanza simile a quella di un partito socialdemocratico. Avere una rappresentanza parlamentare e una politica estera di partito tesa ad allacciare rapporti con le forze che nel resto del mondo si muovono contro l’aggressività imperialista e guerrafondaia, mi sembrano cose da non buttare via. Ci sarebbero alternative solo se si avesse la capacità di costruire un soggetto politico internazionale comunista forte (e non caricaturale) in grado di pesare negli equilibri globali. Ma, allo stato attuale, questa capacità io non la vedo. Saluti comunisti,

Emanuela Caldera


Il nodo della Cina

Carissimi compagni,

innanzitutto vi ringrazio per aver pubblicato il mio articolo in difesa (tenue) di Stalin.

Siccome sollecitate contributi, suggerimenti idee ecc. ecco quello che penso: meglio meno ma meglio, benissimo. Purché un minimo di passo avanti si compia. Credo che a monte dei due punti che proponete alla discussione (forme di collaborazione e punti di programma) vi sia un "nodo" da sciogliere: la posizione dei marxisti-leninisti nei riguardi della Cina e del PCC. Io ho il sospetto che nel nostro ambiente, in Italia e altrove, si dica: fino a Mao tutto bene, da Deng Hsiao Ping in poi in Cina è stato restaurato il capitalismo; il PCC non è più un partito comunista ecc. Siccome vi è gente che ci ha già pensato (come Bertinotti e i Trotskisti) a negare la presenza del socialismo nel mondo, coloro che si richiamano al marxismo-leninismo commetterebbero un imperdonabile errore ad associarsi a quella visione piagnistea negando il carattere socialista (sia pure "del Terzo mondo" come dice il PCC) della R.P.C.

Se nei nostri incontri non ci uniamo sulla base di una piattaforma ideologica minima (e il criterio di valutazione: socialismo o capitalismo, rivolto a una grande nazione che comprende un quinto dell’umanità è ideologico) se non facciamo questo, dicevo, rischiamo di costruire i nostri momenti aggregativi sulla sabbia. Ed eludendo un problema così importante, e magari trovando terreni di convergenza su cose secondarie, ci illuderemmo di aver realizzato quel meno e meglio di cui pure concretamente ci accontentiamo.

Non intendo dire che ognuno di noi ha la libertà (come ha fatto Losurdo nell’intervento che opportunamente avete pubblicato) di difendere la Cina da condanne liquidatorie; intendo dire che nel documento finale che metteremo ai voti deve trovare spazio - nei modi più cauti possibili - una valutazione positiva della R.P.C. e del PCC. Presso di noi è in voga, da sempre, parlare di "autentico" partito comunista, "vero" partito comunista, ecc. Credo che uno come Stalin non abbia mai usato queste categorie così enfatiche, ma più semplicemente abbia detto "leninista" del suo partito. Non vorrei che fra i compagni che si danno convegno a Firenze ve ne sia qualcuno che, certo di essere un "autentico" comunista, ritenga questa autenticità incompatibile con una valutazione positiva della R.P.C.. Secondo la mia personale esperienza gli "autentici" comunisti sono anche molto testardi, non sono disposti tanto facilmente a rivedere le loro idee, non appartengono alla categoria di quei frutti che "con il tempo e con la paglia" maturano. Penso che sia quasi certamente inutile aspettare ancora.

Vi saluto con grande cordialità

Amedeo Curatoli


Essere comunisti o niente

Compagni di Aginform,

chi vi scrive è un vostro fedele compagno che vive in Basilicata, che vi ha seguito, purtroppo non in modo attivo, sin dai primi giorni della vostra nascita, ma sempre con la massima attenzione.

Per impedimenti personali non posso partecipare al vostro incontro del 3 marzo a Firenze. Vi scrivo per esprimervi la mia più totale solidarietà a tutte le vostre iniziative.

La situazione in questo momento non è felicissima: caduta dei valori, confusione, arrivismo, ignoranza sono i temi da combattere per una rinascita del nostro essere comunisti.

Non il comunismo visto dai partitucoli all’italiana di Cossutta e Bertinotti (e fra poco se ci sarà un’altra lite in famiglia qualcuno si farà un altro partito).

Noi cosa vogliamo essere? Cosa vogliamo fare nel mondo?

Certamente la nostra identità è tangibile, altrimenti non esisterebbe Aginform. La teoria all’inizio serve: discussioni, dibattiti scontri, servono a sviscerare la nostra anima.

Fermi i punti essenziali delle nostra fondamenta, che facciamo?

Iniziamo con una serie di incontri con tutte le forze politiche "comuniste", con associazioni, sindacati e centri sociali: Che cosa sono disposti a fare?

Un giorno dovremo aspirare alla costruzione di un partito, ora non è il momento. Dobbiamo crescere ancora, entrare di più nel tessuto sociale. Ora saremmo solo fraintesi come vecchi nostalgici.

Dovremmo chiedere ai signori Bertinotti e Cossutta di ridarci il nome "comunista" usato impropriamente dai loro partiti.

La costituzione di un partito, questo è il primo obiettivo. Dare un corpo ed un’anima tangibile, reale, per i tanti comunisti che, disillusi, non hanno più la forza e la voglia di uscire alla luce per combattere.

Combattere il sistema nel modo in cui hanno creduto di farlo negli anni ’70 e ’80 le BR è stato fallimentare. La lotta fa paura, nessuno è disposto a farlo in questo modo.

Cosa fare?

Una soluzione certamente è non mollare, continuare a vivere per i nostri ideali, difendere i più deboli, gli indifesi, fare emergere il marcio e il grande inganno di questo sistema.

Non accetto più revisionismi. Crediamo nei nostri ideali (Marx e Lenin), non nascondiamo nell’armadio - come vogliono farci fare - spettri come Stalin o Mao. Sono nostri. Sono la nostra storia. Sono i nostri padri. Se crediamo nel comunismo dobbiamo credere in loro. Tutto va discusso, interpretato, dibattuto, ma torniamo sempre all’origine. Essere comunisti o niente.

I temi che ci chiedete di discutere sono molto delicati e su tutti non saprei consigliarvi. Sono sicuro però che potenziando la distribuzione, le uscite e tutta la struttura di Aginform ... scriviamo, scriviamo, facciamoci conoscere, coinvolgiamo, denunciamo e costruiamo.

Non rimaniamo su discussioni e posizioni teoriche. Agiamo. La lotta non è facile. Il sacrificio e l’impegno da parte nostra deve aumentare, ma c’è bisogno ancora di una fase teorica per amalgamarci, rafforzarci e crescere. Non abbiamo bisogno di reclutamenti per "fare numero".

Incrementiamo i dibattiti e gli incontri, in tutta Italia.

In attesa di un prossimo confronto, compagni di Aginform, Nuova Unità, Associazione Pasti, vi saluto e vi abbraccio.

Eugenio Damiano


Un augurio gradito

A 92 anni vi auguro buon lavoro

Demos Franchi

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