Uganda insanguinata dagli shebab somali

Francesca Marretta

Fonte: Liberazione
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13 luglio 2010


Lo avevano annunciato solo pochi giorni fa e hanno colpito. Gli shebab somali, milizia estremista islamica che dal maggio 2009 cerca di rovesciare il governo di Mogadiscio sostenuto dall’Onu e difeso con difficoltà dai caschi verdi ugandesi e burundesi, hanno rivendicato gli attentati che domenica sera hanno ucciso almeno 78 persone a Kampala, in Uganda. Le vittime erano radunate in luoghi pubblici per seguire la finale del primo mondiale di calcio africano. I feriti sono oltre un centinaio. Una prima esplosione, avvenuta intorno alle 22.25 ora locale (le 21.25 ora italiana), ha colpito l’Ethiopian Village, popolare ritrovo del fine settimana situato a sud di Kampala. Qui sono rimaste uccise almeno 15 persone. Cinquanta minuti dopo, altre due detonazioni, hanno provocato il maggior numero di morti al Kyadondo Rugby Club, situato nella zona occidentale della capitale ugandese, a pochi metri dal Lugogo Mall, centro commerciale affollato sette giorni su sette a tutte le ore. Almeno tremila persone si erano riunite al Rugby Club, per seguire la partita da un maxischermo piazzato sul campo. A tre minuti dal termine della finale di Spagna-Olanda, le sedie di plastica bianca hanno cambiato colore, tingendosi del sangue delle persone uccise in due esplosioni avvenute a un minuto di distanza. Una delle detonazioni è avvenuta per opera di un attentatore suicida, di cui gli investigatori ugandesi avrebbero rinvenuto la testa mozzata. Tra i morti, oltre ai cittadini ugandesi, figurano un americano che lavorava per l’Ong “Invisible children” e persone di nazionalità indiana, etiope e congolese. Già prima della rivendicazione da parte dei fondamentalisti islamici somali dichiaratisi fedeli ad al-Qaeda, c’erano pochi dubbi sulla matrice degli attentati. Gli inquirenti di Kampala avevano dato subito come altamente probabile la pista fondamentalista islamica somala. Appena sabato scorso, gli Shebab, che controllano larga parte della Somalia e della capitale Mogadiscio, avevano lanciato un appello a tutti i “fedeli” della regione, invocando attacchi contro Kampala e Bujumbura, in risposta alla decisione dei paesi Igad (Autorità per lo sviluppo dell’Africa orientale) di inviare in Somalia altri 2000 soldati per rafforzare il contingente Amisom. La condanna per l’attentato a Kampala è stata unanime. Per le indagini arriveranno nella capitale ugandese esperti europei e statunitensi. Washington sostiene, come l’Unione Europea, le truppe regolari somale attraverso training militari che si tengono a Djibouti e in Uganda. Oltre a condannare duramente l’attentato, promettendo alla nazione la cattura dei responsabili, il Presidente ugandese Museveni, ha sfidato gli attentatori a confrontarsi con i soldati ugandesi, invece di commettere “atti codardi” come l’uccisione di civili che guardavano una partita. Nelle zone che controllano in Somalia, gli Shebab hanno vietato di seguire i mondiali di calcio, uccidendo almeno due “trasgressori” e fustigandone diversi altri.

Paragonata ad altre capitali dell’Africa orientale Kampala è un posto assolutamente tranquillo, in cui si può saltare senza preoccupazioni su un taxi o un boda-boda (moto-taxi) anche di sera. La città è ora sotto choc per gli attentati di matrice islamica. I disordini che, sporadicamente, sono occorsi, anche di recente, restano di natura politica e, pur creando disordini cittadini hanno coinvolto essenzialmente forze dell’ordine ed esponenti dell’opposizione. La guerra che per vent’anni ha interessato l’Uganda era concentrata nel nord, ma con la dipartita del Lord’s Resistance Army di Joseph Kony, forse nascosto ora in Sudan o Chad e ricercato per crimini di guerra e contro l’umanità dalla Corte penale internazionale dell’Aja, si è passati a una fase post-conflitto. In vista delle elezioni che si terranno a inizio 2011, in Uganda si registrano tensioni emergenti. L’opposizione denuncia irregolarità nell’organizzazione del voto, al fine di favorire il governo in carica. L’Etiopia, dove si sono appena svolte, tra mille polemiche, elezioni che hanno riconfermato Zenawi, alleato strategico di Washington come Museveni, si starebbe reinserendo nel conflitto somalo. Fu proprio in seguito all’intervento militare di Addis Abeba in Somalia nel 2006-2007 che si determinò la dipartita delle Corti islamiche in favore del governo di transizione islamico moderato, che gli shebab combattono ora per rovesciare. L’Eritrea, nemico storico dell’Etiopia, nonostante il passato comune, è accusata invece da Washington e alleati africani, di sostenere l’insurrezione islamica somala.

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