Una lettera del compagno Massa

La nostra condizione non è peggiore di quella dei nostri padri

Carissimi compagni,

vi sono grato di tutto ciò che avete voluto comunicarmi con la vostra lettera del 27 dicembre 1999. E specialmente per la chiarezza con cui esponete le linee direttrici della vostra azione politica. Anche se apparentemente isolata, soffocata dal frastuono della fiera mercato in cui viviamo (caratteristica del sistema capitalistico per sua natura centrato sul mercato da sempre, anche se le sue manifestazioni amplificate, enfatizzate sembra soffochino, più che in qualsiasi altra epoca, la vita degli uomini che soffrono e lavorano in questi anni), essa non è meno importante. Contrariamente a quanto certi catastrofisti di sinistra sono portati a pensare, coloro che lottano in questi anni per un mondo più giusto non si trovano in una condizione peggiore di quella in cui si trovavano i nostri padri. Noi abbiamo anzi dietro le nostre spalle una storia di gloriose conquiste che essi non avevano. L’ascesa delle forze del lavoro che lottano non per obiettivi astratti ma per cambiare modello di sviluppo, per abolire la proprietà privata dei mezzi di produzione, è inarrestabile, irresistibile. Di questa ascesa le classi conservatrici ci impediscono di parlare e di prendere coscienza. Ma l’impero è accerchiato dall’esterno, dalle campagne, a causa della venuta alla ribalta di popoli che finora erano solo la riserva di schiavi dei popoli colonialisti, ed è sconvolto dall’interno dai problemi che creano le crisi mai risolte nel sistema produttivo e nel rapporto sempre più conflittuale tra le classi.

In questi anni abbiamo assistito all’implosione di vecchi gruppi dirigenti provocata dall’ascesa di nuovi signori del mercato e della guerra (nei nostri paesi e non solo in Europa), la cui aggressività reale deve essere denunciata in tutti i modi. Ancor più complesse le vicende che hanno portato al crollo dei partiti e dei governi dell’URSS e dei paesi dell’area socialista nell’Europa dell’est. Esse richiedono uno studio approfondito. In uno spirito di solidarietà con i compagni di quei paesi che tra mille difficoltà lottano contro le forze della Restaurazione capitalista e borghese, interne ed esterne. Tenendo presente, come scrivono i compagni che si raccolgono intorno a «L’Ernesto» che «nessuna posizione ci appare più insulsa di quella tendente a liquidare - da posizioni di "sinistra" - l’intera storia del movimento comunista». Tenendo anche presente «e non a fini consolatori» che l’insistente, frenetica campagna di demonizzazione che le forze del capitalismo internazionale portano avanti della storia e dei protagonisti della storia di quei paesi - e che come sosteneva Stalin si intensificherà con l’aggravarsi della crisi del sistema - dimostra che i capitalisti sono meglio informati di certi autoflagellantisi intellettuali cosiddetti di sinistra sulla intensificazione delle lotte in corso e sulla loro reale natura. E che queste campagne più che contro i comunisti morti sono dirette a scoraggiare, a intimidire, a minacciare coloro che oggi e domani vogliono e vorranno condurre avanti quelle lotte. Fa parte della lotta che con tutti i mezzi, anche i più cruenti e inumani, i capitalisti portano avanti contro i popoli in ogni angolo del globo. La crisi che travaglia i movimenti che lottano contro il capitalismo può essere esemplificata nel fatto che molti di noi hanno dimenticato il senso della celebre frase di Marx: I filosofi hanno finora interpretato il mondo - tutti gli aspetti in cui si articola la conoscenza della realtà. Si tratta ora di lavorare per trasformare il mondo, lo stato di cose presente. E la trasformazione richiede un impegno totale. Significa lotta e non chiacchiere. E purtroppo - non parlo degli opportunisti, dei voltagabbana - in questo momento si parla molto e si fa poco.

Chi scrive è impegnato da alcuni mesi nella stesura di un saggio su alcuni aspetti che gli sembrano cruciali del mondo in cui viviamo, e spera che il suo lavoro andrà presto in porto. Doveva essere consegnato all’editore "Città del Sole" già da alcuni mesi. Vicende famigliari, personali e di altro tipo, riguardanti anche il fatto che lo svolgimento del tema si gonfia giorno dopo giorno, hanno ritardato la fine del lavoro.

Questo è il motivo che mi impedisce di ricopiare e riscrivere queste righe dettate dal desiderio di non rinviare più la risposta alla vostra gentilissima lettera e di ricambiare i vostri auguri per quest’anno che spero sarà per voi, le vostre famiglie e per tutti noi, ricco di successi

Scusatemi ancora per il ritardo e per la forma.

Roma, gennaio 2000
Tommaso Massa

N.B. Faccio presente che, purtroppo, ho ricevuto solo 3 numeri dei 7 che mi dite avete pubblicato di AGINFORM. Il tono, l’impostazione generale, lo spirito che lo informa mi trovano d’accordo. Più che condannare, capire e stimolare, incoraggiare. Esaltare - siamo in guerra - le nostre lotte e le nostre vittorie. A parlare dei nostri insuccessi ci pensano i nostri avversari. UNIRE non DIVIDERE.

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