Gli sproloqui "marxisti-leninisti" della maestrina dalla penna rossa

Claudio Moffa

28 luglio 2007
Fonte: www.claudiomoffa.it
Risposta alo scritto di Adriana Chiaia su Politica on line


Settantaquattromila battute in difesa della strana coppia Bernardini-Mantelli, zeppe di sproloqui da marxismo scolastico e stalinismo da operetta. Quali? Cominciamo dalla vicenda teramana: Chiaia mostra di conoscerne alcuni passaggi molto interni, ma riferisce dati sbagliati e ne omette altri: sono falsi gli schiaffi a Faurisson e al sottoscritto, ed è falso l’accompagnamento coatto del collega francese all’aereoporto, che è partito tranquillamente un paio di giorni dopo l’aggressione come da prenotazione: sono due invenzioni degli aggressori, per abbellire e rafforzare il successo – evidentemente di grande soddisfazione per Chiaia - della loro impresa liberticida. Quanto alle omissioni, la signora manca di citare il numero delle adesioni all’appello per la libertà di lezione di Faurisson (circa 500), mentre ricorda quello del contrappello Mant-egna (Mantelli e Gattegna, presidente dell’UCOI); omette di ricordare almeno alcuni nomi fra i firmatari (docenti universitari, professionisti, intellettuali, studenti, operai, casalinghe etc.) che ne attestano il valore politico, tanto più alto per la sfida controcorrente che esso lanciava e lancia; omette di citare sia pure pochi nomi di docenti del master, così da non far capire perché non solo il coordinatore ma anche altri, iscritti e non, purché non annebbiati dal pregiudizio “filosemita” della Chiaia, e non biliosi, hanno speso parole positive per un corso di studi che ha portato in una piccola città di provincia tante personalità e studiosi di chiara fama, a promuovere un master veramente pluralista e coraggioso per i contenuti che esprimeva (e che esprimerà a Roma). Omette infine di ricordare, la Chiaia – come se la sua fonte interna fosse stata omissiva – gli abusi e le irregolarità di cui è risultato costellato l’iter procedurale che ha portato alla chiusura di un master autosufficiente economicamente, e con già al 3 luglio una decina di richieste di iscrizione per l’anno successivo.

Glieli elenco rapidamente: violazione degli artt. 21 e 33 della Costituzione in tema di libertà di opinione e di insegnamento; esautorazione del Consiglio di Facoltà – unico organo legittimato a decidere della didattica - fino a piattino preparato da un vertice di Facoltà che sarebbe ridicolo pensare animato dai principi del marxismo leninismo; avvio di un procedimento contro un dipendente di ente pubblico – il sottoscritto – senza che questi venisse convocato, ascoltato o anche solo avvertito in plateale violazione della 241/90; dibattito del Consiglio di Facoltà in fase decisionale in assenza del dipendente sotto procedimento istruttorio, che dunque non ha potuto replicare; incontri clandestini fra colleghi delegati dal Preside e un gruppo di iscritti, di nuovo senza che il dipendente responsabile dell’oggetto dei colloqui – il master – ne sapesse nulla; chiusura del master con la motivazione che non sarebbe stato coerente con gli obbiettivi formativi della Facoltà (quali? chi li decide? E come mai Pepe è stato docente del master?), e dulcis in fundo un email scandaloso, un vero e proprio corpo di reato che lascia trasparire un traffico di titoli universitari, ma non preso in considerazione su richiesta di Bernardini perché “anonimo”!: come se non fosse possibile comunque un’indagine attraverso le testimonianze dei destinatari e dei docenti coinvolti!

Il tutto, si badi bene, attorno ad un master separato da Faurisson fin dal 10 maggio 2007, avendo in quella data il coordinatore annunciato di trasferire la conferenza dentro il suo corso: da cui si evince chiaramente che c’è qualcosa sotto questa vicenda antimaster da indagare meglio, prima di dire idiozie. Nella storia in effetti non agiscono solo i grandi principi, di destra o di sinistra, laici o religiosi: agisce anche la miseria umana, lo squallore dell’invidia che si ammanta di belle parole. La Chiaia farebbe bene a crescere e maturare oltre la sua peraltro veneranda età se non vuole apparire, non tanto una rimbambita col mito di Stalin che si perde appresso a formulette mal lette di Marx e di Gramsci, quanto una furba che chiama i “suoi” marxleninisti a difesa della causa del totalitarismo del nuovo secolo, strisciante in tutta Europa. Farebbe bene a indagare sulla sua fonte interna: scoprirebbe tante cose utili a capire come stanno effettivamente le cose, da proiettare persino sulle grandi rivoluzioni, che sono fatte – con buona pace della storiografia “marxleninista” doc – non solo da eroi idealisti e da limpide masse in rivolta, ma anche da assassini volgari, da rapinatori che ribattezzano l’obbiettivo personalistico in azione “proletaria”, da invidiosi che ammazzano il vicino con l’erba più verde magari tacciandolo di controrivoluzionario per puro rodimento accumulato in anni di impotenza.

* * *

Ma non c’è solo questo da dire, ci sono anche gli aspetti più propriamente politici o politico-culturali che mettono in luce la faziosità, e l’artificiosità dell’intervento di Chiaia, che sembra proprio “costruito” ad hoc per pescare nell’area estrema del “marxismo leninismo” ingenui e sprovveduti, a difesa non solo di qualche possibile amico comune stravolto fino all’indecenza da livori personali, ma anche – e questo è molto grave - dell’oltranzismo ebraico-sionista. Accade sempre così: da una parte la fessaggine di persone troppo gentili, che si massacrano reciprocamente fermi al tempo che fu delle dittature interbelliche o del dopoguerra, e dall’altra la disinvolta trasversalità di chi si traveste di volta in volta da marxista leninista (non è certo il caso di Chiaia, anche fosse di origine ebraica), fascista, liberale, berlusconiano, antiberlusconiano, purché la strategia di fondo resti la stessa: la difesa di qualsiasi cosa fanno Israele e i suoi sostenitori estremisti.

E allora:

1) difendere la “libertà di protesta” degli aggressori di Teramo è il colmo della mistificazione. Non è stata una protesta per la libertà, ma contro la libertà di parola e di insegnamento garantiti dalla Costituzione nata dalla Resistenza. Adottando il metro ridicolo della Chiaia anche i nazisti che bruciavano i libri facevano la loro “libera protesta”. Non sarebbe stato forse giusto reprimerla, alleandosi i “rivoluzionari” con la “borghesia liberale”, per difendere in tal modo i valori del pluralismo di idee, della libertà di stampa, di insegnamento, fondamento di ogni società democratica?

2) Chiaia aggiorna l’idiota paragone fra la terra piatta e l’inesistenza delle camere a gas con un riferimento ai sistemi tolemaico e copernicano, accostando impropriamente un problema risolvibile con i metodi della scienza esatta a una questione storiografica, come tale sempre complessa e di difficile soluzione. “Le prove” sono i protagonisti della vicenda che si vuole dimostrare? E’ una fessata madornale, che non solo nessuno storico, ma nessuna persona di buon senso può accettare. Le fonti orali sono una delle tante fonti della ricostruzione storica, e probabilmente la meno attendibile: memoria e storia sono cose diverse, e nel caso in questione si sono avuti già diversi clamorosi errori o eccessi di memoria, strumentali (cfr. Finkelstein o Romano) o no.

3) La Chiaia cita a vanvera Gramsci, evidentemente spinta a supplire con i “sacri testi” il suo strampalato argomentare. Ma che c’entra la libertà di espressione, con le “organizzazioni” di cui alla legge contestata da Gramsci? E che c’entra il contesto dell’Italia postunitaria, nella quale - ricorda Gramsci - i principali nemici della borghesia erano i Gesuiti, con l’Italia del secolo XXI, sottoposta al vento della globalizzazione finanziaria animata spesso – tranne il non a caso colpito Fazio - da un perverso laicismo? Cosa frulla nella testa di gran rivoluzionaria di Chiaia: che i Gesuiti sono oggi il nemico della rivoluzione? Che la marcia su Roma è imminente? La maestrina dalla penna rossa cita Gramsci a sproposito, un Gramsci che peraltro ebbe parole dure contro il sionismo, in un carteggio con la cognata Tatiana Schucht.

4) Non è un caso che la Chiaia se la prenda persino con l’appello dei 200 storici (il sottoscritto compreso) contro il disegno di legge Mastella, di cui rimprovera i toni “anticomunisti” senza capirne la vera importanza e il vero limite: l’importanza è quella di aver gettato un grido di allarme contro la pretesa di imporre “verità di stato” di qual che sia contenuto – problema che peraltro riguarda anche l’intellettualità ebraica: vedi il caso Toaff, che chissà perché la Chiaia non cita (fosse anche lui un “nemico di classe”?). Il limite, nel non passare dalle parole ai fatti, battendo il “negazionismo”, o forse sarebbe meglio dire le singole argomentazioni cosiddette negazioniste, col libero dibattito e confronto, e non con la censura e lo squadrismo. Da questo punto di vista - errori di gestione e di tempi a parte – “Teramo” resterà sempre e comunque un passaggio ineludibile.

5) Chiaia critica poi Faurisson, oggigiorno esercizio facilissimo per storici e non di tutt’Italia:
A)“Incurante di queste prove ineccepibili, il Faurisson spende pagine e pagine per dimostrare l’impossibilità ‘tecnica’ dell’uso delle camere a gas”, scrive. Ma quali sono le prove citate da Chiaia? La citazione dal diario di un tal Kremer - ‘Presente per la prima volta ad un’azione speciale; fuori alle 3 di notte. In confronto qui l’Inferno di Dante mi sembra quasi una commedia. Non per niente Auschwitz è definito campo di sterminio!’” - fatta da un medico delle SS dal cognome peraltro ebreo, non parla esplicitamente di camere a gas; quanto alla documentazione di acquisto del gas Zyklon e di altro materiale utile anche per le camere a gas, essa è coerente e consustanziale anche alla tesi di Faurisson, che però la imputa alla disinfestazione antiparassitaria, e dunque di per se non costituisce una “prova” dell’esistenza delle camere a gas: in realtà su questo nodo cruciale, la Chiaia non entra nel merito della questione posta dallo studioso francese, e invece la sorvola da pessima o furba storica improvvisata.
B) lo stesso dicasi per la citazione dell’imputato Hoess al Tribunale di Norimberga. Io non vedo contraddizione fra questa citazione: “dopo venti o trenta minuti – dice Hoess, ndr - quando il grande ammasso di carne nuda aveva cessato di contorcersi, delle pompe aspiravano l’aria avvelenata, la grossa porta veniva aperta e gli uomini del Sonderkommando intervenivano” e la critica di Faurisson a questa presuntamente veridica testimonianza: Faurisson, ricorda la Chiaia citando una sua intervista del 1979 “sostiene che, secondo le testimonianze dei nazisti, “la squadra incaricata di ritirare i cadaveri dalle ‘camere a gas’ penetrava nel locale sia “immediatamente” sia “poco dopo” la morte delle vittime. “Io dico – sentenzia Faurisson – che questo punto da solo costituisce la pietra di paragone delle false testimonianze, perché vi è qui impossibilità fisica”. Dov’è la contraddizione? Faurisson afferma che ci vogliono una media di 21 ore prima che gli effetti terribili del gas Zyklon cessino di essere mortali (vedi l'intervista pubblicata sul sito mastermatteimedioriente.it) e dunque i 20 o 30 minuti ben corrispondono all’ “immediatamente” o “poco dopo” criticato dallo studioso francese. Criticato a ragione, a meno che non si scopra che il dato di partenza-misurazione – le 21 ore – sia sbagliato; un dato di base per decidere dell’attendibilità della testimonianza Hoess che però di nuovo la “storica” Chiaia non cita e non prende in esame. La sua è una scomunica e non una critica di studiosa.
C) Infine la Chiaia estrapola dall’intervista del 1979 una lunga serie di citazioni che chiosa tutte, senza distinguo, come “perle”, assurdità e attributi simili: sarebbe lungo entrare nel merito di ognuna di esse – valga per tutti i dubbi, la famosa foto del bambino del ghetto di Varsavia con le mani alzate, la cui versione e significato rappresenterebbe secondo una paginata dello stesso Corriere della Sera di anni fa, un falso clamoroso – ma la domanda che viene spontanea è questa: perché mai quel che era lecito nel 1979, un libero confronto Faurisson-Collotti, per i lettori di allora, i curiosi di allora, le giovani generazioni di allora, non sarebbe possibile oggi? Forse perché la verità ormai sarebbe stata acquisita una volta per tutte? Ma non dice la Chiaia stessa che la storia è continuo arricchimento e dunque revisione? E non ci sono oggi generazioni di giovani studenti cui sarebbe utile, in un aula universitaria, anche la sola ripetizione di quel dibattito?

6) Eccoci dunque alla seconda questione “alta”, dopo quella “storiografica” affrontata dalla Chiaia: la difesa della Costituzione, sbeffeggiata e oltraggiata dai fumi marxleninisti e stalinisti da operetta della nostra maestrina. Per lei infatti, come non è “reato” massacrare la spalla a un vicecapo di polizia perché evidentemente rappresenta lo “stato borghese”, così sarebbe da difendere solo la ricerca storica “doc”, stabilita da lei e dalla strana coppia Bernardini-Mantelli. Una commissione tripartita versione rossa del Minculpop fascista, come da appello Mant-egna, e secondo voto del marxdecano in Facoltà. La nostra cita infatti come scandaloso caso di repressione solo la vicenda della Annie Lacroix-Riz, tendenza storiografica che anche noi – con il convegno La storia imbavagliata – abbiamo difeso, denunciando l’esistenza di leggi liberticide in Europa anche contro chi “nega” “i crimini del comunismo”. Ma gli altri casi di repressione? Per Chiaia si tratta di difendere solo “i nostri”. Sentite come argomenta, bacchettando marxleninisticamente i 200 storici (fra cui il sottoscritto) dell’appello contro il disegno di legge Mastella: “Gli autori dell’appello (contro le leggi negazioniste) si guardano bene dal denunciare il pericolo intrinseco nelle finalità del disegno di legge e delle leggi anti-negazioniste vigenti in altri paesi, come fa rilevare lo stesso Losurdo nell’articolo sopra citato, quando mette in evidenza la discriminazione insita nella legislazione anti-negazionista: mentre in essa si sancisce la condanna dei negazionisti anche a pene detentive, “gli storici che si fanno beffe delle vittime sovietiche della barbarie nazista (…) sono gli eroi della scena mass-mediatica occidentale.” Ed è questo il punto. I negazionisti, che costituiscono il settore più reazionario, le truppe di complemento dell’esercito revisionista, sono il bersaglio contingente e apparente delle norme giuridiche proposte nel d.d.l. del ministro Mastella, tra l’altro successivamente annacquate in sede di Consiglio dei ministri. ... Comunque, questa legge si farà, anche allo scopo di allinearsi alla legislazione in materia già vigente e applicata in Francia, in Inghilterra e in altri paesi e che si tende ad estendere all’intera UE. Queste leggi sono, per dirla con Gramsci, “la piccola bandiera” che, in realtà, serve a colpire coloro che si oppongono alla lettura revisionista della storia del XX secolo, coloro che si oppongono alla falsificazione della storia del movimento operaio rivoluzionario e comunista e alla criminalizzazione del comunismo e che, con rigorose ricerche e pochi mezzi – al contrario dei revisionisti, che godono dell’appoggio governativo e delle sovvenzioni dei padroni dei maggiori mezzi di comunicazione – lavorano per ristabilire la verità storica"

Tilt completo. La Chiaia si sforza di incastonare la realtà odierna nel famoso discorso di Gramsci sulle logge massoniche, fino a vedere nelle parole del maestro l’anticipazione profetica di quanto sta accadendo oggi. Ridicolo. E’ la malattia dei chierichetti del marxleninismo che pensano - in barba a Marx e al buon senso - che la storia è sempre eguale a se stessa. E’ evidente infatti che il paragone Gramsci-logge massoniche con le leggi antinegazioniste è altrettanto assurdo di quello mantegniano fra la terra piatta e l’inesistenza delle camere a gas. Così come è evidente anche ai ciechi che sostenere che le vittime principali delle leggi antinegazioniste siano gli storici “compagni” è un’offesa al buon senso e alla verità dei fatti. “Piccola bandiera”? Ma che stai dicendo Chiaia? Cinque anni di galera a Zuendel, un anno a Irving, processi a catena all’imbavagliato e massacrato fino al coma Faurisson: dove stanno, Chiaia, gli storici “compagni” nella stessa situazione? Invero, la distanza con l’altro fronte di perseguitati è enorme: contro i revisionisti olocaustici non non ci sono solo le aggressioni squadriste e l’unidirezionalità delle grandi case editrici, ma anche apparati legislativi e dunque polizieschi che colpiscono il libero pensiero e la libertà di insegnamento con leggi di Stato liberticide. Qui si è di fronte non alla violenza dal basso di bande criminali, o non solo a questo, ma a un totalitarismo strisciante che sta investendo tutti i paesi europei, un totalitarismo olocaustico entro la cui cornice albergano tanti sottototalitarismi di destra e “di sinistra” che pretendono di ritargliarsi le loro “verità di stato” (o magari “di Comune”: i bandi medievali a questo o quell’oratore sgradito! Come a Teramo!) con alle spalle le “giornate delle memorie” che si moltiplicano ossessivamente trasformando in eventi religiosi i fatti o i fenomeni storici (vedi la giornata della memoria sul terrorismo: quale? che vuol dire?). Il nucleo essenziale delle leggi liberticide è rappresentato dalla difesa del dogma dell’Olocausto, non della storiografia antifascista pur marginalizzata dalle case editrici. Ma Chiaia, come lo stralunato Peter sellers in Oltre il Giardino, non vuole vedere la verità, e cambia subito canale: cancella i fatti, e si rifugia nei sacri testi dove pretende di ingabbiare i fatti da lei stravolti. La verità confligge con il suo scolasticismo marxista, con le sue certezze giovanili, e così va in tilt. Per lei i Gesuiti – dalla cui rivista è venuta per tutta l’Europa, proprio sul negazionismo, una ventata di libertà e laicità pura, contraltare benefico dell’illiberalismo e dell’integralismo che permea il degenerato laicismo del nuovo secolo – sono ancora il nemico principale da battere. Per lei i fascisti sono ancora il nemico principale, come se i poteri forti della nostra epoca si identificassero col fascismo di Mussolini o financo col nazismo di Hitler. Chiaia non si accorge che c’è un “fascismo” ben più pericoloso che – dopo la tragica scomparsa del blocco sovietico - sta aggredendo le Costituzioni dei paesi democratici europei, e che è costituito da una buona fetta, ahimé, del vecchio antifascismo militante degli anni Cinquanta-Settanta, quello che ha preteso e pretende di trasformare la Resistenza in una epopea tribale in difesa della quale ogni menzogna è lecita. La signora è ancora ferma al secolo scorso.

Tranne che per un aspetto, quando deve pubblicare il suo sproloquio marxleninista, nel quale pronunciare la sua lugubre profezia: "la legge liberticida si farà anche in Italia". Allora la Chiaia diventa improvvisamente interclassista e collusa col “nemico di classe”. E’ questa l’ultima contraddizione eclatante della ciancia-citazioni dei Maestri del marxismo leninismo. La Chiaia fa lezioni di purezza ideologica, si autoproclama esponente della “giusta linea rossa” sulla questione del negazionismo, bacchetta Moffa perché – dentro un corso non destinato a quadri del suo “partito rivoluzionario” (meno male!) ma a una classe di studenti plurale, dentro una Università pubblica - invita il bravo Sinagra o il “nazista” (nazista?) Faurisson, e alla fine di tutto questo dove riesce a scaricare il suo rivoluzionarissimo e dottissimo testo senza senso? Su un sito “borghese” dove – vivaddio si cresce - convergono destra e sinistra, laici e religiosi, tutte le voci underground del variegatissimo mondo internet: Chiaia fianco a fianco dei fascisti! Chiaia collusa! Compagni, allerta! Subito un rapporto al Comitato centrale per denunciare la pericolosa deriva borghese della traditrice Chiaia.

Che non è una traditrice, ma solo una stralunata epperò anche molto probabilmente anche una furba e in malafede: perché bisogna riflettere se il suo intervento è solo suo, o è costruzione artficiosa dentro una grande trama trasversale: difendere lo squadrismo teramano con parole di volta in volta “liberali”, “democratiche”, “periste”, “colombiste” o – è il caso de quo – “rivoluzionarie”. Tutti diversi, tutti uniti a anteporre il mito della razza eletta del secolo XXI alla lotta per la libertà di cultura e di pensiero e della democrazia: la quale non può che essere oggi, esattamente come lo era all’epoca dell’ibrida alleanza antinazista della seconda guerra mondiale, interideologica, interclassista e a tutto campo, in difesa dei valori fondamentali di libertà racchiusi nella nostra Costituzione. La Costituzione nata dalla Resistenza, i cui fondamentali articoli 21 e 33 la Chiaia snobba e offende dall’alto della sua spocchia di presunta coerente presunta rivoluzionaria. Presunta due volte: perché, tanto per citare anch’io Gramsci, magari un po’ a sproposito ma secondo sacrosanta babilo-biblica legge del taglione, come la comunista Schucht Adriana, anche la comunista Tatiana Chiaia “ragiona – sulla questione della libertà di ricerca storica e di insegnamento - come le croci uncinate tedesche”. (Gramsci, lettera a T.S. del 13 settembre 1931)

Claudio Moffa


 
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