Il nodo della Palestina e il ruolo di Arafat

Il sostegno americano alla guerra di Sharon contro il popolo palestinese non potrebbe essere più esplicito, mitigato com’è solo dalle priorità della più ampia guerra che essi stessi stanno attivamente preparando e dal conto alla rovescia per l’attacco all’Iraq. L’Europa è troppo preoccupata di non perdere il treno della guerra per prendere iniziative autonome e brilla più che altro per ipocrisia. I governi dei paesi arabi come la Giordania e l’Egitto non hanno nemmeno rotto le relazioni diplomatiche con Israele e sono più che altro preoccupati di tenere a freno la propria gente. Così i "piani di pace" come quello saudita e le invocazioni alla mediazione americana passano per grandi novità e intanto evitano accuratamente ogni significativa azione contro Israele. Quanto all’ONU, i silenzi e l’assenza, anche quando non c’è il veto americano, sono ormai fragorosi.

In questo contesto, è importante che la radicalizzazione della resistenza di massa all’occupazione e il ruolo crescente delle organizzazioni più combattive costringa Arafat ad evitare di essere invischiato nei giochi americani ed europei, che riporterebbero i palestinesi a una posizione subalterna e ridarebbero agli israeliani l’iniziativa strategica. A questo proposito ci sembrano importanti i punti che vengono sottolineati dal comunicato del FPLP che pubblichiamo.

In Palestina in questo momento si sta giocando non solamente il destino del martoriato popolo palestinese, ma anche la rottura del progetto imperialista, di cui il sionismo è una componente essenziale. Se qualcuno avesse dei dubbi al riguardo, basta vedere il cinismo col quale viene candidamente affermata la necessità di calmierare la situazione palestinese per poter così procedere con meno rischi all’occupazione totale dell’Iraq e alla ricolonizzazione diretta di tutto il Medio Oriente.


Comunicato del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina

Commentando l’escalation di massacri e macelli commessi dal governo di unità sionista contro il nostro popolo - i cui ultimi esempi sono stati gli attacchi al campo profughi di Tulkarem, Nur Shams, al-Duhaysha e Ayida e nei villaggi di Absan, Khuza’a, Doura e Halhoul in cui sono caduti decine di martiri - il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ha emesso un comunicato in cui si dice che questi massacri avvengono nel quadro dei tentativi disperati dei sionisti di sottomettere il nostro popolo e imporgli la resa. Le operazioni di resistenza coraggiose e di alto profilo condotte dai nostri eroici combattenti - come quelle più recenti contro l’insediamento ebraico di Ariel e all’incrocio di Ghush Qatif - hanno fatto perdere la testa al governo del nemico sionista e hanno confermato il fallimento della scelta di Sharon di utilizzare la forza militare contro l’Intifada e la resistenza palestinese. In questo contesto - così prosegue il comunicato - il Fronte Popolare chiama a sostenere quanto segue:

Primo. La necessità che il Consiglio di Sicurezza si muova immediatamente per assicurare protezione internazionale temporanea al nostro popolo.

Secondo. L’esigenza che l’Autorità Palestinese rifiuti ogni collaborazione con l’inviato USA Anthony Zinni. Il governo statunitense ha rinnovato la sua missione allo scopo di venire in soccorso a Sharon nel suo tentativo di soffocare l’intifada e la resistenza palestinese.

Terzo. La neecessità che siano sospese tutte le forme di coordinamento per la sicurezza e i contatti politici col governo del nemico sionista, tanto più dopo che le operazioni assassine dei sionisti hanno colpito le forze di sicurezza palestinesi ai più alti livelli, da ultimo con l’assassinio del colonnello Ahmad Mefraj, comandante delle forze di sicurezza nazionali di Gaza sud, e col tentato assassinio del maresciallo Abd al-Razzak al-Mujayida comandante dei distretti di Gaza.

Quarto. Facciamo appello alle masse del nostro popolo, alle loro forze patriottiche e islamiche e alle loro formazioni militari per la massima unità e per il rafforzamento della lotta di autodifesa e per la continuazione della resistenza fino alla cacciata degli occupanti e fino alla conquista dei diritti nazionali del nostro popolo al ritorno, alla libertà e alla indipendenza.

Ramallah, 8 marzo 2002

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