Percorsi di partito

Cogliamo l’occasione di un articolo apparso nell’ultimo numero di Nuova Unità per ribadire alcuni concetti espressi più volte su questo foglio e che ci sembra siano stati scambiati per atteggiamenti boriosi e liquidatori e, per quanto riguarda la posizione verso il PRC, come ‘deviazioni’ di destra. Ci accingiamo a questa risposta non per spirito polemico, dal momento che la situazione richiede qualcosa di diverso da una polemica noiosa tra Aginform e Nuova Unità, ma perchè riteniamo che ripetere giova e anche per rispondere alla lettera del compagno Dubla che pubblichiamo in questa stessa pagina.

Andiamo subito alla questione principale. Perchè ci siamo adoperati per la preparazione dei famosi incontri di Torino e di Firenze? La nostra intenzione era quella di superare la situazione di impotenza in cui i compagni dell’area comunista di tendenza marxista leninista si trovano di fronte all’attacco sfrenato degli ideologi borghesi e di certa cultura della sinistra alternativa teso a liquidare ogni riferimento teorico e storico al movimento comunista e di creare le condizioni di una risposta.

Consapevoli che questo risultato non si potesse raggiungere con la solita autoproclamazione partitica e/o gruppettara, anche se a sfondo ML, abbiamo pensato che il primo passo fosse quello di mettere a confronto compagni di una medesima tendenza e iniziare una collaborazione che portasse la presenza dei comunisti al di fuori e al di sopra del livello che essi esprimono attualmente.

Questa operazione presupponeva - e questo è stato ampiamente spiegato ai compagni e alle compagne in concomitanza con la preparazione degli incontri di cui stiamo parlando - che si avesse come comune premessa la consapevolezza dei limiti, non numerici, ma politici, delle esperienze passate e si fosse capaci di affrontare la discussione fuori dai luoghi comuni.

Mentre a Torino c’è stata una buona partenza del lavoro, a Firenze si è registrata una pesante sconfitta della ipotesi iniziale. Come i compagni ben ricorderanno, ci siamo trovati di fronte alle solite litanie di gruppi ‘ferreamente’ organizzati che in luogo di entrare nel merito delle questioni poste ci hanno rifilato le solite posizioni sul partito qui e subito, senza spiegare, peraltro, perchè questo partito non esiste se non nella mente di quattro o cinque gatti.

Aginform ha rifiutato questa logica e ha preso atto che il confronto coi sostenitori di quello che si definisce ‘cretinismo leninista’ non poteva andare oltre. Purtroppo questa situazione ha coinvolto anche compagni che sono venuti a Firenze con altre posizioni.

In questo contesto ci siamo meravigliati che i compagni di Nuova Unità non abbiano avuto la determinazione di rintuzzare posizioni che mettevano in crisi un lavoro comune iniziato alcuni mesi prima. A che cosa attribuire questa mancanza di determinazione? Una spiegazione può venire dalla affermazione contenuta nell’articolo di Nuova Unità sul fatto che il dialogo andava portato avanti con tutti senza distinzioni e senza ‘gerarchie’. Se per gerarchie si intende una questione organizzativa siamo ben d’accordo, ma se con questo termine si intende il fatto che la discussione va portata avanti con coloro che hanno maturato le nostre stesse convinzioni di aprire una discussione a tutto campo e seria sul futuro dei comunisti, ebbene noi siamo per selezionare gli interlocutori. Peraltro ci sembra che l’esito della riunione di Roma, successiva a quella di Firenze - una riunione tra ‘stati maggiori’ alla quale ci siamo rifiutati di partecipare - abbia portato alle solite divisioni e si sia conclusa con un nulla di fatto, senza che Nuova Unità desse una spiegazione.

Quanto alla questione del PRC, ci sembra che la redazione di Nuova Unità tenti di provocare strumentalmente una polemica che serve solo a far insorgere i cacciatori di ‘opportunisti’ che, pur ridotti di numero, si annidano nelle nostre file.

Anche qui c’è da chiarire una questione che riguarda il PRC, rispetto al quale nessuno di noi ha mai pensato che fosse un partito comunista rivoluzionario. La nostra posizione al riguardo parte dalla considerazione che nessuna organizzazione comunista oggi può nascere senza fare i conti con questo partito, sia dal punto di vista del dibattito politico teorico che dei rapporti con i compagni che vi militano. Il nodo di Rifondazione è ineludibile, a meno che non si voglia scambiare una battaglia politica seria per una sequela di anatemi antibertinottiani che non fanno altro che aumentare l’isolamento dei teorici del partito comunista virtuale. I quali scambiano la questione per una azione di piccolo cabottaggio per prendere nella rete qualche pesciolino rifondarolo in libera uscita. No, cari compagni di Nuova Unità, l’alternativa si crea portando la discussione nel vivo del dibattito in cui la sinistra non virtuale esiste e bisogna avere la capacità di farlo. Anche a questo abbiamo pensato nel momento in cui abbiamo preparato gli incontri di Torino e di Firenze.

Detto questo in premessa, andiamo al fondo delle due questioni che, a nostro parere, contraddistinguono un percorso di riorganizzazione dei comunisti. La prima riguarda il superamento delle logiche che hanno caratterizzato i tentativi di riorganizzazione ‘bolscevica’ in Italia. Se non ci si rende conto che di queste esperienze occorre fare un bilancio e superarle, per evitare peraltro che ora siano solo in mano alle nuove infiltrazioni poliziesche, non si può fare un passo in avanti. E questo passaggio va fatto in termini di contenuti e di processi organizzativi reali. Come è possibile pensare che si possa procedere ad una riorganizzazione di comunisti senza condurre e vincere battaglie per la egemonia teorica e culturale del marxismo leninismo? Scambiare questo compito per la recita di versetti coranici fatti da un manipolo di talmudisti è ciò che bisogna evitare, e in luogo di questo abbiamo indicato ai compagni la strada del dibattito, dell’approfondimento e dell’analisi critica. Chi rifiuta questa logica in nome della lotta all’opportunismo di destra dimostra una boria che può derivare solo dalla mancanza di una vera cultura marxista. La battaglia contro la destra opportunista si determina solo a partire dalle scelte concrete che hanno una dimostrazione nella realtà. Il resto è solo fraseologia senza disegno strategico e capacità tattica.

Quanto alla questione del PRC, ci sembra necessario ribadire che la sua nascita è stata anche la dimostrazione del nostro fallimento, e di questo dobbiamo onestamente prendere atto. Il che non vuol dire che ci troviamo di fronte alla rinascita di un partito comunista come lo intendiamo noi, tutt’altro! Quello che intendiamo dire è che di fronte alla crisi del PCI e alla nascita del PRC non siamo stati in grado di misurarci con i nuovi livelli. E come prima che nascesse il PRC non siamo stati capaci di creare un punto di riferimento solido attorno ad una posizione comunista, dopo abbiano lasciato il campo al cossuttismo, al bertinottismo, al trotskismo. Questo dovrebbero dire i compagni di Nuova Unità invece di andare a caccia di ‘opportunisti di destra’. La critica e l’autocritica non dovrebbe risparmiare neppure i compagni che l’esperienza del PRC l’hanno fatta, i quali di fronte alle incontestabili critiche al gruppo dirigente e al clima interno avrebbero dovuto leninisticamente organizzare una frazione comunista e lottare per l’egemonia. Chi ha saputo fare questo lavoro seriamente?

Vogliamo concludere, e con questo por termine anche alla polemica con Nuova Unità, invitando i compagni che hanno vissuto l’esperienza degli incontri di Firenze e di Torino a riflettere su queste questioni e non altro. Ciò significa uscire dalla ridicola affermazione che una organizzazione comunista possa nascere da processi aggregativi di inconsistenti stati maggiori o presunte organizzazioni comuniste. Il tentativo di unire in questo modo ha solo prodotto nuove divisioni. In questo senso riteniamo che Nuova Unità farebbe meglio ad uscire dal gioco dei quattro cantoni e misurarsi con le questioni poste sul tappeto da tempo.

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