Porto Alegre e i comunisti: un dibattito da aprire

Cari compagni,

appena tornato dal Brasile, leggo su Aginform n.24 a proposito del Forum di Porto Alegre un articolo, che per la sostanza condivido, ma che mi pare abbisogni di alcune precisazioni. Parlando a Rio con compagni del Movimento dei lavoratori senza terra, di Espaço Marx, della rivista Outubre, delle redazione di Critica Marxista e con gli studenti, che si raccolgono nel Gruppo di lavoro sul Capitale dell’Università fluminense di Rio, ricavo questa immagine. Il Forum di Porto Alegre sostanzialmente ha visto la presenza di solo quattro componenti importanti (Brasile, Argentina, Italia, Francia), dunque, non ha avuto qual respiro internazionalista ampio, che i mass-media hanno detto e che alcune organizzazioni di sinistra hanno affermato. La maggioranza di coloro che hanno determinato lo spessore politico del Forum era data da docenti universitari, il cui reddito annuo ovviamente non è comparabile con quello dei lavoratori dei loro rispettivi Paesi. I documenti finali non sono stati posti in discussione in assemblee, a cui fosse riconosciuto il diritto di emendamento e di voto. La grande maggioranza dei gruppi comunisti presenti, lo erano per avere tra loro contatti, data l’estrema frammentazione di gruppi e gruppetti. Il Documento politico e quello sindacale, con cui il Forum è terminato sono vaghi solo per le loro parti di ‘sinistra’; per quelle di destra, invece, sono chiarissimi. Di qui la domanda: perché alcune organizzazioni comuniste italiane ad es. hanno partecipato al Forum? Credo che - togliendo ogni carattere provocatorio alla domanda - questo sia un interrogativo su cui valga la pena riflettere e discutere apertamente, anche perché si tratta, forse, di un modo molto serio di riflettere su noi, comunisti. Sareste disposti ad aprire sinceramente questa discussione? Dico "sinceramente", nel senso che, a parer mio, si tratta di individuare limiti che abbiamo noi comunisti (anche voi). Grazie.

Stefano Garroni

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