Intervento del ministro cubano Felipe Perez Roque
alla Commissione Diritti Umani dell’ONU a Ginevra

Aprile 2001 - traduzione a cura del Comitato per la Pace e la Solidarietà tra i Popoli

Signor Presidente: parlo a nome di Cuba.

Siamo venuti ad accusare chi mente; a dire le nostre verità. E siamo venuti armati di ragioni: un arsenale di idee giuste e la storia di lotta del nostro popolo, al quale niente e nessuno può disconoscere l’impegno di conquistare tutta la giustizia, e a cui le aggressioni, i blocchi e le diffamazioni non hanno potuto appiattire la propria ferrea volontà di lotta, né intaccare la sua piena indipendenza.

La Commissione Diritti Umani è oggi più divisa che mai e minacciata di arrivare ad un punto irreversibile di discredito.

Da un lato siamo noi rappresentanti del Terzo Mondo: siamo gli ostaggi del debito, vittime dell’ ingiusto disordine impiantato nel mondo, padroni solo della nostra miseria e sottomissione; siamo quelli che portano milioni di affamati, di poveri, di analfabeti, di bambini e madri che muoiono, quelli che hanno cementato con le loro sofferenze l’opulenza dei nostri sfruttatori. Siamo sempre, in questa Commissione, gli accusati. Dall’altro lato stanno i rappresentanti dei paesi sviluppati e ricchi: sono i creditori, quelli che consumano quasi tutto ciò che si produce, quelli che sprecano, contaminano e dimenticano che devono a noi la loro ricchezza. E sono, inoltre, quelli che pretendono di ergersi ad accusatori e giudici dei nostri paesi.

E’ ora di spazzare via dai lavori di questa Commissione l’ipocrisia e il doppio metro di giudizio. Possono spiegare gli Stati Uniti come mai votano contro il fatto di considerare la fame, che oggi colpisce un miliardo di persone, come un oltraggio e una violazione della dignità umana? Possono spiegare perché, mentre pretendono di accusare Cuba, si oppongono alla condanna le flagranti e massicce violazioni dei diritti umani perpetrate dall’esercito israeliano contro il valoroso popolo palestinese?

E’ arrivato il momento di esigere che si metta in pratica un ampio processo di riforma e democratizzazione di questa Commissione. Ogni anno lo discutiamo, e varie risoluzioni a tal proposito sono state approvate. Ma la certezza, oggi, è che la Commissione sui Diritti Umani continua ad essere uno strumento degli interessi di dominazione degli Stati Uniti e dei loro alleati.

Può cambiare questa situazione? Certamente. Però chiediamo che voi, i rappresentanti dei paesi sviluppati, accettiate con modestia la giustezza delle nostre richieste. Si richiede che riconosciate che non siete i padroni assoluti della verità. E’, precisamente, rinunciare all’assunto razzista che i poveri non possano anche loro avere ragione. Abbiamo bisogno di un mondo più democratico e tollerante. Perché un piccolo gruppo di paesi ricchi e potenti vogliono imporre un mondo ogni giorno meno democratico e plurale? Perché non lottiamo per una maggiore tolleranza non solo all’interno dei singolo paesi ma anche nelle relazioni tra i diversi paesi? Perché non si può accettare l’esistenza di diversi modelli di ordinamenti civili e politici? Con che diritto si tenta di consacrare un unico modello di democrazia? Non concordammo già, nella Conferenza Mondiale sui Diritti Umani, che tutti i popoli hanno il diritto ad una libera determinazione e che, in virtù di questo diritto, stabiliscano liberamente la propria condizione politica? Solo con una collaborazione rispettosa possono risultare utili i lavori di questa Commissione, e mai con l’imposizione e l’arroganza.

Cuba continuerà ad esigere che questa Commissione cessi di essere ostaggio di interessi ingiustificabili. Cuba non smetterà di dar battaglia finchè non venga rispettato il diritto di tutti i paesi, finchè non si garantisca un funzionamento plurale, trasparente, oggettivo e democratico nei lavori di questa Commissione.

Signor Presidente: Gli Stati Uniti accusano Cuba di violazione dei diritti umani. Come tutti sappiamo, in questa accusa non si discute una genuina preoccupazione per la situazione dei diritti umani a Cuba. Si discute, realmente, se un piccolo paese del terzo Mondo possa o meno percorrere il proprio cammino e costruire a modo suo un futuro di uguaglianza e benessere per i propri figli.

Respingo con profondo disprezzo le accuse contro Cuba, fabbricate dagli Stati Uniti, e imposte attraverso selvagge pressioni all’interno di questa Commissione. Sostengo con tutta fermezza, guardando ciascuno di voi negli occhi, che non esistono violazioni dei diritti umani a Cuba; che non c’è assolutamente nessuna giustificazione all’intento di isolare Cuba in questa Commissione; che questa affermazione è possibile solo grazie all’incapacità patologica degli Stati Uniti di accettare che Cuba sia un paese indipendente, e che non appartiene loro.

Dopo più di quarant’anni di blocco genocidi e guerra economica, piani di assassinio dei dirigenti cubani, invasioni, atti terroristici, tentativi di sovversione, sabotaggi, guerra biologica e molte altre aggressioni, la Commissione sui Diritti Umani è il più recente campo di battaglia dove si scontrano l’intento oppressore degli Stati Uniti contro Cuba e la nostra volontà di indipendenza, giustizia e sviluppo. Non sprecherò tempo a illustrare la realtà cubana e a provare la natura ingiusta e selettiva delle accuse degli Stati Uniti. In realtà, non ce n’è bisogno. Voi, che lo riconosciate o no, lo sapete bene. Mi limitarò a dire che gli Stati Uniti sono il paese con meno autorità morale giudicare Cuba in materia di diritti umani e democrazia. Non posso fare a meno di domandare: ha mai visto qualcuno la polizia, a Cuba, picchiare i lavoratori o gli studenti in una manifestazione, sparare contro di essi pallottole di gomma, lanciare contro essi i cani, i cavalli o i gas lacrimogeni, come succede quotidianamente in non pochi paesi del mondo al giorno d’oggi? Voi sapete che a Cuba i dirigenti marciano uniti al popolo nelle manifestazioni. Persino il recente rapporto del Dipartimento di Stato nordamericano sulla situazione dei diritti umani nel mondo, al quale, ovviamente, non riconosco alcuna legittimità, e nel quale, come sappiamo, l’unico paese di cui non si parla sono proprio gli USA, riconosce che non ci sono morti o desaparecidos per motivi politici nel nostro paese. Nonostante il loro odio viscerale contro il nostro paese, la loro ossessione per condannarci e la mancanza di scrupoli, gli Stati Uniti non si sono azzardati a mentire, almeno, in questo caso. E’ tanto limpida e umana la nostra opera che è impossibile negarla! Qualcuno in questa sala può menzionare un solo caso di tortura, assassinio o sparizione a Cuba? Qualcuno in questa sala conosce un solo caso di giornalista assassinato a Cuba, o di sequestro di bambini, come è stato nel fallito tentativo di sequestrare un bambino cubano negli Stati Uniti, o di vendita di bambini, o di schiavitù infantile? Qualcuno ha mai sentito parlare di squadroni della morte a Cuba? Qualcuno ha visto a Cuba una manifestazione di madri e nonne che chiedevano giustizia per i figli e i nipoti assassinati o fatti scomparire? Qualcuno di voi ha sentito dire che il governo cubano, alle spalle del popolo, abbia imposto un programma di aggiustamento del FMI o che abbia regalato le ricchezze del paese alle multinazionali? Vi siete chiesti come mai, dopo 40 anni di blocco e 10 anni di gravissime difficoltà economiche, conserviamo, e cresce ogni giorno, l’ appoggio schiacciante del nostro popolo? La risposta è che la Rivoluzione appartiene al popolo, non ad una elite ossessionata dal potere. Come dirigenti, a Cuba, vediamo nelle nostre responsabilità un dovere, un’ attitudine verso la vita, non un mezzo per vivere. La nostra autorità si basa non solo sulla nostra elezione democratica e trasparente, senza denaro né corruzione, ma soprattutto nella convinzione del nostro popolo che non rubiamo, che sentiamo nel profondo le sue necessità e i suoi sogni, che condividiamo con esso le difficoltà, che non rinunciamo a una vita austera e impegnata.

Si deve dunque pensare che noi abbiamo creato una società perfetta? NO, non siamo soddisfatti. Stiamo solo iniziando. Stiamo tentando di lasciarci alle spalle secoli di emarginazione e ingiustizie. Vogliamo elevare l’educazione e la cultura verso livelli mai raggiunti sinora dal nostro popolo. Ci sforziamo di assicurare ai nostri figli livelli tali di uguaglianza, giustizia sociale e cittadinanza partecipativa come no hanno i figli di nessun’altra società. Faremo tutti gli sforzi necessari per continuare a perfezionare la nostra opera, per rendere sempre più efficiente e partecipativo il nostro sistema politico che è –lo sappiamo bene- incomparabilmente più democratico di quello dei nostri bugiardi accusatori. A Cuba lottiamo per una società sempre più tollerante ed umana. Sogniamo un popolo sempre più colto e istruito, che equivale a dire un popolo sempre più libero. Vogliamo che tutto il popolo acceda a tutta la Conoscenza possibile, e non solo una elite. Sogniamo un popolo con una profonda sensibilità sociale, libero da egoismi, con radicate convinzioni umaniste. Sogniamo, e ogni giorno siamo sempre più vicini a realizzare questo sogno, un popolo la cui Patria sia l’Umanità. Una società come la nostra, nella quale l’Uomo e la sua dignità sono al centro, non accetta la violenza, la repressione o l’ inganno. Non ci facciamo pressionare. Facciamo quello che crediamo giusto e conveniente. Abbiamo etica. Abbiamo morale. E devo dirlo con tutta chiarezza: non accettiamo e non accetteremo pressioni o minacce! E’ ora di definizioni. Chi asseconda gli Stati Uniti nel loro iniquo procedere contro Cuba, non ha autorità morale per parlarci di diritti umani. Non si può rifiutare il blocco contro Cuba e allo stesso tempo essere complice degli Stati Uniti nelle manovre con le quali tentano di giustificarlo. Abbiamo la simpatia e il calore dei popoli dell’America Latina, che sanno che la nostra lotta è anche per i loro diritti, che ricordano l’appoggio solidale di Cuba ai tempi in cui le dittature sostenute dagli Stati Uniti torturavano, assassinavano e facevano scomparire centinaia di migliaia di persone nella Nostra America. Sappiamo anche che la lotta di Cuba è per il rispetto dei diritti di tutto il terzo Mondo, affinché cessi il disprezzo, il disconoscimento del nostro diritto ad un mondo più equo e giusto, del nostro diritto allo sviluppo e alla vita. Signor Presidente: Agli Stati Uniti non piace che Cuba voglia essere libera e indipendente. E Cuba non rinuncerà a essere ogni giorno più libera e indipendente! Agli Stati Uniti non piace che Cuba sia socialista. E Cuba sarà ogni giorno più socialista! Agli Stati Uniti non piace che a Cuba comandi il popolo. E a Cuba il popolo sarà sempre più padrone del suo destino! Agli Stati Uniti non piace che Cuba resista alle loro aspirazioni imperialiste ed egemoniche. E Cuba sarà sempre più antimperialista e solidale con le cause giuste! Gli Stati Uniti vogliono organizzare in una Cuba frammentata e debole il partito che chieda l’annessione agli Stati Uniti. E a Cuba continuerà ad esistere il partito dell’unità e dell’indipendenza, della giustizia sociale e della dignità, della vera uguaglianza e reale solidarietà tra tutti gli uomini e tutti i popoli, senza il quale non si può avere né libertà, né democrazia, né pace. Quarant’anni di eroica resistenza sostengono le nostre idee, la nostra ragione, la nostra verità, la nostra invincibile forza, la nostra irrinunciabile e indistruttibile libertà.

I governanti degli Stati Uniti non sanno più cosa fare con Cuba. In un campo o nell’altro continueranno a subire sconfitta su sconfitta. Quello che cercano di ottenere in questa Commissione, sulla base di umilianti pressioni ai suoi membri e ad un altissimo costo politico, dimostra che dimenticano quella famosa riflessione del re Pirro: “Con un’altra vittoria come questa, sono perduto.” Ci hanno convertito nel popolo più libero della Terra, che non dipende dal loro commercio, dai loro crediti e dai loro investimenti. Sfruttiamo oggi il raro privilegio, quasi unico, di poter dire loro tutta la verità e distruggere ogni loro menzogna, da questa o da qualunque tribuna. Non accusiamo il loro popolo, capace di essere nobile e idealista; accusiamo un sistema egemonico di dominazione e un ordine politico e economico egoista e rapace, imposto al mondo, che è insostenibile. Alcuni ci chiedono un gesto che possa compiacere gli Stati Uniti. Il gesto che faccio, a nome del mio popolo, è alzare il pugno e dire a voce alta le parole che per 40 anni abbiamo ripetuto davanti a ciascun crimine e aggressione contro Cuba: Patria o morte! Vinceremo!

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