USA e NATO all'assalto della Russia

Gli avvenimenti internazionali prendono un ritmo sempre più veloce e drammatico, anche se questo non viene certo registrato dai nostri sedativi tg e neanche - da noi - da una “sinistra” sempre più complice dell’imperialismo e imbelle.

All’ordine del giorno non sono più solo le guerre locali, la Jugoslavia, l’Afganistan, l’Iraq. E nemmeno solo le minacce a questo o quel piccolo paese. Le guerre già combattute o in atto o minacciate hanno tutte la dimensione di battaglie di un conflitto più ampio, mondiale, che ormai punta direttamente a coinvolgere la Russia e la Cina.

Da più parti si è osservato che l’egemonia USA nel mondo è messa decisamente in discussione in punti decisivi. Uno è l’Iraq, per il ruolo determinante della eroica resistenza irachena. Ma le cose per gli USA non vanno bene neanche nel “cortile di casa” dell’America Latina e in Asia (1). Solo in Europa sembra prevalere su tutto una politica di “appeasement” o di aperta complicità con gli USA. In questo quadro i rischi di una ulteriore rapida precipitazione della situazione internazionale provocata dall’avventurismo bellicista degli USA sono enormi. Se ne è avuto un assaggio nei giorni delle celebrazioni per il 60º della vittoria sul nazifascismo. “Siamo in sostanza a una dichiarazione di guerra con l’obiettivo di un impero mondiale. Il disegno annunciato è questo. Finita la guerra fredda si stanno mettendo le premesse per un’azione di conquista”, così Valentino Parlato commentava sul Manifesto del 10 maggio le “sparate” di Bush su Yalta. Esagerazioni? In questi giorni il Congresso USA ha approvato, a grande maggioranza, un bilancio militare da 491 miliardi di dollari, comprese le spese per nuove armi nucleari (alla faccia del trattato di non proliferazione!) e per il controllo militare dello spazio. Per combattere il terrorismo?

La folle politica bellicista di Bush sta arrivando a un punto di rottura. Il cerchio intorno alla Russia si è ormai stretto da tutte le parti. Ucraina, Georgia e Azerbaigian vengono incorporate nella NATO. Basi e manovre militari sono in corso di allestimento e svolgimento in tutto l’arco che va dal Baltico al Caucaso passando per la Bulgaria e la Romania e in buona parte dell’Asia Centrale. L’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan porta il petrolio del Caspio nel Mediterraneo senza passare per la Russia. I preparativi per destabilizzare la Bielorussia sono in pieno svolgimento, con la benedizione dei democratici nostrani, ai quali la tragedia sociale della controrivoluzione all’est non ha provocato nessun brivido di sdegno mentre sono pronti a sdegnarsi contro Lukascenko, colpevole di non aver esposto la Bielorussia allo stesso saccheggio cui è stata sottoposta la Russia di Eltzin e il resto dell’Europa dell’est. Finora l’avanzata trionfale degli imperialisti, quasi senza incontrare resistenza (con l’eccezione ben inteso dell’Iraq!), ha contribuito a nascondere in parte agli occhi della gente il carattere criminale delle loro imprese, ma adesso proprio la Bielorussia potrebbe essere il punto di svolta (2).

Tutta la potenza dell’occidente capitalistico è stata diretta per decenni a distruggere il socialismo nell’URSS. Raggiunto l’obiettivo, è iniziato il grande saccheggio con i cosiddetti “oligarchi”. Adesso gli imperialisti vogliono impedire a tutti i costi che si possa consolidare in Russia un regime non più socialista ma comunque indipendente, capace - grazie anche alla industrializzazione e al progresso scientifico e culturale conquistato a caro prezzo nella fase socialista - di rivaleggiare con loro negli affari. La Russia deve essere ridotta allo stato semi-coloniale, come aveva teorizzato Brzezinsky già qualche anno fa. Anche perchè questo è il solo modo di completare l’accerchiamento della Cina, il vero nemico che viene ormai chiaramente indicato come tale (3).

Per questo nel mirino c’è ormai lo stesso Putin. All’ordine del giorno degli strateghi di Washington c’è l’obiettivo di cancellare ogni velleità di politica estera indipendente e di riappropriazione delle risorse strategiche da parte dello stato russo (vedi il caso Yukos) e di riportare in sella i cari oligarchi, alcuni dei quali felicemente riparati a Londra, New York o Tel Aviv. Le carte sono tutte sul tavolo. Putin è nel mirino e lo sa. “Ha smesso di ritirarsi - come ha scritto ironicamente Giulietto Chiesa - e vuole che si sappia. Ha smesso anche perchè non saprebbe più dove ritirarsi”. La politica dell’”amicizia” con l’occidente l’ha portato in un vicolo cieco. Per questo il ritratto di Stalin ha fatto la sua riapparizione il 9 maggio sulla Piazza Rossa e la dissoluzione dell’URSS è stata definita dallo stesso Putin alla Duma russa, “la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo”.

Ma il richiamo al passato glorioso non basterà se non diventerà di sostanza. Intanto la campagna acquisti degli imperialisti in Russia conosce una impennata, come argomenta nell’articolo che riportiamo, il giornalista russo Mikhail Cernov, secondo cui “un tentativo di estromettere dal potere il presidente della Russia Vladimir Putin verrà realizzato entro la primavera del 2008”.

La posizione di Putin appare quanto mai fragile e certo non potrà trovare il sostegno di un ceto politico che è espressione dei profittatori della controrivoluzione. Soltanto il ritorno in scena della energia delle masse impoverite e umiliate dalla controrivoluzione potrebbe modificare la situazione. Ma su questo lasciamo la parola a Nina Andreeva, che nell’articolo che riportiamo analizza la campagna acquisti con cui il Cremlino cerca a sua volta di controllare la possibile ripresa del movimento comunista in Russia.

NOTE

(1) Workers World, il giornale dei compagni statunitensi che con più lucidità si battono contro l’imperialismo, elenca a tal riguardo, in un recente articolo, i fatti seguenti:
1. Fallimento di tutti i tentativi di far fuori Chavez e consolidamento di un’alleanza strategica tra Cuba e il Venezuela
2. Fallimento dei tentativi di sconfiggere la guerriglia colombiana nonostante la profusione delle risorse impiegate.
3. Empasse del Free Trade Agreement of the Americas che non trova l’accordo di molti governi sudamericani che hanno invece dato vita a Petrosur (società petrolifera continentale con Brasile, Argentina e Venezuela) e Telesur, canale televisivo continentale (inizio delle trasmissioni il 24 maggio).
4. Washington voleva mettere sotto accusa Iran e Corea del Nord all’assemblea dell’ONU sul Trattato di non proliferazione nucleare e si è invece trovata sul banco degli imputati persino ad opera di tradizionali alleati come l’Egitto. Sia l’Iran che la Corea del Nord resistono coraggiosamente alle minacce e non cedono alle lusinghe dei “pontieri” (gli europei el caso del’Iran).
5. La Cina si oppone alle pressioni e alle minacce contro la Corea del Nord e anzi accentua i rapporti di cooperazione.
6. Cina e India mettono da parte le loro storiche dispute e concludono importanti accordi di cooperazione economica, tecnologica e militare.
7. La nuova forza economica raggiunta dalla Cina si traduce in accordi con molti paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina che consentono a questi paesi di allentare la morsa dell’occidente.
Altri elementi si potrebbero aggiungere, come il recente vertice economico tra America latina e paesi arabi, la contraddizione crescente tra la politica muscolare degli USA contro la Corea del Nord e la crescita degli scambi di quel paese non solo con la Cina ma anche con Russia, e Corea del Sud (in effetti in estremo oriente solo il Giappone è allineato completamente sulle posizioni americane). L’intensificarsi di rapporti di collaborazione a tutto campo tra Russia, India, Cina (e anche con l'Iran) e il rilancio dell’Organizzazione di cooperazione di Shanghai tra Cina, Russia e paesi dell’Asia centrale. La politica di Washington si trova di fronte dovunque grossi ostacoli.

(2) In risposta alle minacce occidentali Bielorussia e Russia stanno accelerando il processo di unificazione (Novosti, 25 maggio). Una lettera al popolo degli Stati Uniti in cui si traccia un preciso parallelo tra la politica americana attuale e quella dei nazifascisti negli anni ’30 è stata recapitata il 24 maggio all’ambasciata USA di Minsk.

(3) “La Russia darà priorità alla Cina rispetto al Giappone nelle forniture petrolifere attraverso l’oleodotto in progetto della Siberia orientale”. Dichiarazione dell’ambasciatore russo uscente a Pechino Igor Rogachev, riportata dall’agenzia giapponese Kyodo il 21 maggio.

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