Lavevamo scritto che lincontro di Torino del 18 e 19 novembre non sarebbe passato alla storia, ma possiamo dire che le previsioni della vigilia sono state rispettate. Limpegno di Aginform, dei compagni di Nuova Unità e della sua redazione di Torino, hanno fatto sì che nel capoluogo piemontese si raccogliesse una significativa rappresentanza di compagni e di compagne che esprimono le posizioni di coloro che noi usiamo definire area comunista di tendenza marxista leninista.
Rispettando anche in questo caso le previsioni, il dibattito che è scaturito dal confronto non ha portato a nessuna delle classiche conclusioni a cui la tradizione ci ha abituati: quella delle improvvisazioni organizzative o delle spaccature su assunti teorici altrettanto improvvisati.
Due cose positive si sono invece verificate a Torino. La prima e politicamente rilevante è che si è dimostrato che la tendenza comunista marxista leninista non è ridotta a puro folclore, ma che in realtà, al di là e al di fuori di alcune manifestazioni declaratorie e soggettivistiche, esiste unesigenza politica e di espressione teorica che non è affatto riconducibile allesistente rifondarolo e sedicente antagonista, ma tenta, di fronte a una sinistra anticomunista e contro loffensiva liquidatoria dellimperialismo sul piano ideologico, di emergere e resistere.
Che coserano infatti le decine e decine di compagni presenti a Torino e attivi sul piano delliniziativa politica, editoriale, culturale, se non lespressione di una realtà che sembrava seppellita definitivamente? Dunque su questo terreno Torino ha rappresentato un risultato positivo.
Un secondo aspetto che riteniamo anchesso positivo è che allincontro del 18 e 19 novembre non si è ripresentata quella realtà composita di comunisti/antagonisti che da decenni rappresenta, specularmente, la subalternità alle idee forti della politica istituzionale e che in definitiva ha trovato la sua vera natura nei centri sociali e nel cobasismo e, nel migliore dei casi nel rifugio intellettualistico dellipercriticismo. A Torino cerano invece compagni che, pur con sensibilità diverse, credono o tendono a credere che la costruzione di un vero partito comunista sia la chiave di volta per cambiare lo stato di cose presente.
Si è trattato dunque di un incontro tra comunisti, ma su quale prospettiva? Su questo non possiamo dire che Torino abbia sciolto i nodi che ci sono di fronte, ma anche per questo non gridiamo al fallimento, dal momento che lincontro era una fase preliminare che non aveva il compito, come si usa dire, di dare risposte qui e subito a questioni teoriche, strategiche e tattiche. Per questo è necessario rispettare i tempi di maturazione e di creazione di un tessuto di elaborazione e di esperienze che sostanzialmente manca.
Molti compagni si chiedono, e noi tra questi: che fare dopo Torino? Una risposta pratica si è già data ed è lincontro di fine febbraio. Questa non è però che una scadenza da calendario. Ora bisogna dare a questa scadenza un contenuto che sia commisurato alle possibilità, ma anche alla necessità di dislocare in avanti liniziativa dei comunisti.
Noi vogliamo dare una risposta, se pur provvisoria, a questo interrogativo avanzando queste considerazioni:
1. occorre rapidamente definire, in modo collettivo, come coinvolgere altri compagni, diversamente collocati, nel processo unitario di riorganizzazione di una piattaforma comunista. Quindi, invece di chiudere i processi organizzativi, bisogna aprirli con lintento di mettere a confronto tutte le energie dei comunisti che si richiamano al marxismo e al leninismo e alla esperienza storica della 3ª internazionale (e questambito non coincide certamente con le esperienze emmelliste). Ovviamente, questa esigenza va di pari passo con la capacità di battere tendenze lideristiche e di frantumazione pretestuosa di un comune ambito politico teorico. In questo senso non si tratta di lanciare appelli alla buona volontà, ma di mettere al servizio di una causa unitaria gli strumenti esistenti per accelerare i processi unitari e allargare la base di consenso di una piattaforma autenticamente comunista.
2. Definire i punti della ricerca teorica che consenta ai comunisti di avere una adeguata presenza nel dibattito politico, cioè iniziare davvero una rivisitazione storica e teorica che, portandoci fuori dalla sclerosi e dalla retorica, riproponga la teoria rivoluzionaria dei comunisti su basi scientifiche.
3. Impegnare i punti di presenza comunista esistenti nel territorio a considerarsi punti di riferimento collettivo di un processo unitario e facilitare tra di essi una discussione critica sui risultati del lavoro politico e pratico di ciascuna realtà.
4. Definire il ruolo concreto di avanguardia dei comunisti su alcune questioni di fase, dalla lotta antimperialista, allo scontro sociale, allinformazione.
5. Definire un orientamento comune sui rapporti a sinistra e con il PRC in modo da rendere dialettica lazione dei comunisti coi movimenti e la realtà politica.
Ci rendiamo conto che le esigenze esposte nei punti sopraelencati sono sì concrete ma anche molto ampie e tali da rendere difficile una discussione completa. Si tratterà di fare in modo che nella fase di preparazione della scadenza di febbraio si riesca a coniugare la definizione di un quadro generale di lavoro con la concretezza delle proposte. Per ora non possiamo anticipare nessun risultato. La garanzia sta nella serietà degli intenti.