Da "Il Manifesto", 14 settembre 2005

«Visto negato, l'Italia gregaria degli occupanti Usa»

Parla Sheik Hassan Zargani, portavoce del Movimento di Moqtada Sadr: resistenza unita di sciiti e sunniti

Stefano Chiarini, inviato a Beirut


«Negandoci il visto e impedendoci di spiegare le ragioni di una forza politica che gioca un ruolo così rilevante nel nostro paese, il governo italiano ha confermato il suo ruolo di gregario degli occupanti americani. Ha dimostrato di avere paura delle nostre parole perché sono le parole di un movimento nazionale e patriottico che non vuole altro che la liberazione del proprio paese e perché sa che che il popolo italiano è contro la guerra e l'occupazione». Sheik Hassan Zargani, rappresentante all'estero del movimento di Moqtada al Sadr, di passaggio a Beirut, ci riceve in un piccolo e disadorno appartamento al piano terra di una costruzione anonima, al centro del dedalo di viuzze e palazzoni del quartiere di Haret Reik, nella periferia sud della capitale libanese a maggioranza sciita. Sheik Zargani, già direttore del giornale al Hawza chiuso dagli americani la scorsa primavera, ci racconta poi come il diniego del visto sia giunto nel mezzo di un intenso dibattito interno sull'opportunità di partecipare o meno al convegno di Chianciano sulla resistenza irachena. «Di solito non mandiamo mai nostri rappresentanti nei paesi occupanti - ci dice l'esponente iracheno - e non eravamo certo entusiasti della presenza di alcuni oratori del Baath, ma in questo caso, vista la solidarietà verso il popolo iracheno di tanti italiani, stavamo pensando di fare un'eccezione. Si è trattato di un'occasione mancata per voi, per noi, per l'avvio di un dialogo».

Il movimento di al Sadr si considera parte della resistenza irachena?

Noi siamo contro l'occupazione dell'Iraq e la combattiamo in tutti i modi possibili, politico, sociale, istituzionale e anche con le armi. E continueremo a farlo fino alla liberazione. Allo stesso tempo riteniamo che essa debba assumere forme che non danneggino il popolo iracheno e la popolazione civile.

Sempre piu spesso sui media si parla di possibile frammentazione del paese e di uno scontro tra sunniti e sciiti...

Il problema in Iraq è politico e non di natura religiosa: Il rischio di frizioni di questo tipo deriva da due fattori legati all'occupazione: Innanzitutto la struttura politico istituzionale imposta all'Iraq dagli Usa, con la distribuzione di tutte le cariche e dei posti di potere sulla base di percentuali assegnate alle varie etnie e confessioni. Un sistema nel quale i partiti e i politici non sono chiamati a fare il bene dell'Iraq, del paese ma quello della loro comunità o etnia, magari a danno della collettività. Vi è poi l'effetto nefasto di tanti politici, spesso tornati in patria dopo decenni all'estero, i quali non avendo alcun seguito popolare, cercano di giustificare il loro potere soffiando sul fuoco del confessionalismo e dell'etnicismo.

Siete quindi per un ritiro immediato delle truppe...

La presenza di truppe straniere è all'origine del caos iracheno ed è necessario ritirarle prima possibile. Se poi gli iracheni dovessero decidere di chiedere un sostegno a truppe neutrali, magari Onu, noi non saremo contrari.

A livello internazionale ha suscitato una certa sorpresa l'avallo di una possibile divisione dell'Iraq dato dal leader dello Sciri ( il partito sciita maggioritario), Abdel Aziz al Hakim che ha chiesto una super regione a maggioranza sciita nel sud dell'Iraq...

Il nostro movimento è contrario alla divisione del paese e abbiamo organizzato varie manifestazioni per difendere l'unità dell'Iraq. Intendiamoci, noi non siamo contrari alle autonomie locali o regionali, ma questa forma di federalismo estremo voluta dagli occupanti è l'anticamera della disgregazione. Inoltre visto che gli sciiti sono la maggioranza dell'Iraq non vediamo perché dovremmo rinchiuderci in un ghetto nel sud del paese.

Qual è quindi la posizione del movimento di Moqtada al Sadr sul referendum del prossimo quindici ottobre?

Noi siamo contrari agli articoli della costituzione dove si prefigura la divisione del paese ma allo stesso tempo non intendiamo cadere in uno scontro frontale tra sì e no che farebbe il gioco degli occupanti. Credo che presto ci sarà un annuncio in questo senso.

In occidente si dipinge spesso Moqtada al Sadr come un politico che intende imporre all'Iraq il modello iraniano...

Innanzitutto vorrei ricordare che in Iran, a differenza di tanti altri paesi, c'è una vivace dialettica politica e culturale, ma in ogni caso noi siamo iracheni, abbiamo la nostra storia, e non ci interessano altri modelli. Sappiamo bene che l'Iraq è un caleidoscopio di comunità, confessioni ed etnie e non sarà mai possibile - gli americani se ne stanno accorgendo a loro spese - imporre al paese un modello di stato che non sia condiviso da tutto il popolo. Senza però dimenticare che l'Iraq è un paese islamico e mi sembra irragionevole pensare che questo dato possa essere ignorato.

Non teme che l'Iran possa andare ad una intesa non scritta con gli Usa a spese dell'Iraq?

L'Iran è un paese assediato che si trova ad operare in un quadro internazionale dove non c'è ombra di giustizia, basta vedere come Usa ed Ue chiedono a Tehran di rinunciare al nucleare e tacciono invece sulle bombe atomiche israeliane. Quindi è logico che il governo iraniano cerchi di difendersi utilizzando tutti i mezzi possibili. Politicamente siamo giovani ma in questi due anni abbiamo imparato molto e capiamo le loro ragioni. Allo stesso modo però riteniamo che il futuro dell'Iraq debba essere nelle mani degli iracheni e che spetta a noi decidere obiettivi e mezzi della nostra liberazione.

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