Paolo Bartolini risponde [qui] a un nostro intervento [qui] in cui abbiamo sostenuto che bisogna raccogliere la bandiera dell'astensionismo, arrivato complessivamente al 46%. In sostanza due sono le obiezioni che ci vengono fatte:
1) L'astensionismo è una posizione che spaventa molte persone che potrebbero avvicinarsi ad Alternativa, insomma si tratta di un'ipotesi troppo radicale.
2) Molti astensionisti non sono che qualunquisti
Sul primo punto. In presenza di un dato reale che ci dice che un italiano su due non vota, la preoccupazione di essere isolati ci sembra eccessiva. Semmai possiamo dire che ci sono settori, perennemente critici, ma votanti per tradizione, che non si decidono a rompere con l'elettoralismo, si turano il naso e partecipano alle elezioni. Costoro non sono certo nostri nemici, ma siamo fermamente convinti che il loro voto va a rafforzare partiti come il PD e i partitini in via di estinzione. E questo non aiuta certo.
Si può anche dire che occorre votare i 'grillini' o Di Pietro, ma allora lo si dica chiaramente. Questa ipotesi non mena scandalo, almeno per noi, ma non ci sembra adeguata all'analisi su cui si fonda Alternativa.
Questa analisi, come abbiamo sostenuto nell'incontro di Roma del 17 aprile, deve potersi fondare su una chiave di lettura della situazione e su ipotesi di azione politica che non mettano in moto solo parole, ma stabiliscano un nesso tra contenuti e livelli delle contraddizioni per modificare lo stato di cose presente. Come si modifica questo stato? Su quali forze fa leva? Pensiamo a un gruppo che si autoespande e poi si presenta alle elezioni? Oppure riteniamo che sia alle porte un Ottobre italiano?
Anche qui dobbiamo essere chiari. A nostro parere il non voto non è una rispettabile opzione personale. Nella situazione attuale è un elemento di rottura con le mistificazioni del sistema e del regime di non verità. E' un punto di partenza per mettere in moto la situazione e su cui costruire una ALTERNATIVA vera. Secondo noi le decine di milioni di cittadini che si sono rifiutati di votare hanno voluto dire questo. Non hanno pubblicato volumi o fatto convegni, ma hanno centrato la questione. Possiamo essere alla coda di chi si è astenuto? Oppure dire che si tratta di astensionisti per caso? E' da qui invece che bisogna partire, e anche molto presto, prima che i soliti pompieri spengano l'incendio.
Quanto al discorso sul 'qualunquismo' che caratterizzerebbe una gran massa di astenuti, ci sembrano pertinenti le osservazioni di metodo fatte da Giulietto Chiesa nella sua risposta a Bonan:
“… sono convinto che ciascuno di noi deve un pochino liberarsi del proprio fardello di idee e di esperienze. L'uomo, diceva Marx, è il punto d'intersezione di tutti i suoi rapporti sociali. Mentre si affronta un'esperienza come quella di Alternativa si deve tenere presente che essa implica il cambiare i propri rapporti sociali, cioè il punto d'intersezione, cioè noi stessi. Altrimenti non capiremo che il nostro attuale punto d'intersezione è sicuramente superato dagli eventi e deve spostarsi in zona inesplorata. Altrimenti proietteremo sugli altri il punto di vista che abbiamo creato per noi stessi, senza capire che così facendo, ci renderemo del tutto incomprensibili agli altri. Questo vale perfettamente sui nostri amici che continuano a parlare di rinascita della sinistra o di ricostruzione del partito comunista. Senza capire che proiettano i propri desideri sugli altri, che nemmeno capiscono di che si tratta e che sono l'enorme maggioranza della gente. Di errori come questi si muore. ”
Non sarà oro colato, ma l'approccio ci sembra giusto.
Roberto Gabriele, Paolo Pioppi
24 aprile 2010